martedì 3 dicembre 2019
Il bimbo portato in Bangladesh dalla madre perché «troppo studioso». Parlano compagni di scuola e genitori: «Conoscendolo, si sentirà impazzire. Era il primo della classe»
«Aiutiamolo a tornare qui»
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Da Save the Children ai sindacati, dai compagni di scuola ai circoli scacchistici: per Ahmed H., il bambino nato a Montecchio 12 anni fa e ora portato con la forza in Bangladesh dalla mamma perché studioso e 'troppo italiano' (la cui storia abbiamo raccontato domenica) cresce la mobilitazione. «Abbiamo chiesto al sindaco la sala civica per organizzare un evento pubblico dedicato al diritto allo studio per tutti i bambini », spiega Giancarlo Bertola, l’architetto che aveva instradato il piccolo alla lettura di autori come Primo Levi, Malala o Salgari e lo aveva introdotto al gioco degli scacchi, di cui era diventato campione. Colpe gravi, secondo la mentalità della famiglia di Ahmed, per la quale il destino del bambino non prevede la scelta: niente grilli per la testa, niente cultura, dovrà solo raggiungere l’età dell’obbligo e subito lavorare.

Già deciso anche chi dovrà sposare. «Save the Children si muoverà in Bangladesh, ma mi ha fatto sapere che lì la situazione non è facile». Il sindaco non si è ancora espresso, intanto l’ansia per il bambino e i suoi due fratellini, anch’essi partiti con la madre, aumenta (solo il padre è rimasto a Montecchio). «A volte mi diceva: se vieni picchiato chiama il 112 – racconta Karol, 11 anni, arrivato dal Ghana a 4 –. Io certo non ne ho bisogno. Il fatto è che avrebbe voluto farlo lui, spesso mi mostrava le ferite». A scuola, assicura, era il migliore, tutti dieci. «Il nostro appello è che anche lui come noi abbia il diritto di scegliere il suo futuro. Se torna facciamo una festa, ma mi sa che non torna più...».

Due i messaggi disperati che Ahmed è riuscito a mandare, il primo dall’aeroporto di Dubai un mese fa («aiutatemi, mi stanno portando in Bangladesh »), l’altro da laggiù, per promettere che a 18 anni tornerà. «Non so se resisterà tanto», scuote la testa Karol, «è una persona che legge molto e conosce il mondo, lì si sentirà impazzire». In prima media «nessun professore ci ha spiegato niente – racconta invece Davide –. È sparito e basta, per questo siamo tristi». Sua madre conferma: «Parteciperemo alla serata sul diritto allo studio, era un bambino per bene, ero tranquilla quando mio figlio lo frequentava ». Miriam Scalco è madre, insegnante di matematica alla primaria e istruttrice della Federazione scacchistica italiana, «una pratica sportiva riconosciuta dal Coni, ma la portiamo nelle scuole perché sviluppa la concentrazione e abitua a pensare prima di agire: nel Vicentino abbiamo oltre 100 tesserati, l’80% under 16».

Ha conosciuto Ahmed perché lo vedeva nei tornei vincere sempre – racconta –, «era indubbiamente dotato, abbiamo perso un talento. Ma soprattutto è la sua vicenda umana a preoccuparci: ha dovuto lasciare il suo Paese per finire di colpo nel Paese dei genitori. Che non è il suo». Il clima in cui questa storia è maturata lo descrive bene Giampaolo Zanni, segretario generale della Cgil di Vicenza: «Qui a Montecchio c’è una percentuale di stranieri che è nella norma e la stragrande maggioranza ha un lavoro regolare. E la regola è che dove c’è lavoro non c’è delinquenza. Eppure a fini elettorali c’è chi ha diffuso paure immotivate». Così è passata in secondo piano la vera emergenza, che sono «le seconde generazioni, bambini come Ahmed assolutamente italiani ma figli di genitori che vedono con sfavore la loro integrazione». È un caso che dovrebbe far riflettere molti «ciascuno per il proprio pezzo: la scuola, il Comune, i residenti italiani e anche gli stranieri. Ma questo si può fare solo se il clima non è inquinato».

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