mercoledì 21 dicembre 2022
La tradizionale iniziativa di Rinnovamento nello Spirito con gli chef per offrire un pasto ai detenuti: «Offriamo loro speranza»
Il Natale (stellato) in carcere: «Così si costruiscono ponti»
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In 21 carceri italiane è tornata ieri l’iniziativa “L’altra cucina… per un pranzo d’amore”, promossa in occasione delle festività natalizie da Prison Fellowship Italia, dal Rinnovamento nello Spirito Santo e dalla Fondazione Alleanza del RnS. Chef stellati si sono così messi ai fornelli e hanno preparato pietanze gourmet per chi vive la dolorosa esperienza della detenzione. Ai tavoli, assieme a circa 600 volontari e a servire 6mila pasti, si sono ritrovati numerosi testimonial del mondo dell’arte e dello spettacolo, della musica, del giornalismo e dello sport.

Una iniziativa che è stata illustrata nel dettaglio a Roma, presso il carcere femminile di Rebibbia, alla presenza tra gli altri di Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo e della Fondazione Alleanza. «Alla vigilia del Natale di Gesù, che è la festa della vita, del miracolo della vita, del dono della vita – ha detto Martinez - entrando in carcere risuona forte nelle nostre coscienze un appello: ognuno è qualcuno da amare; un amore che non è vero se conosce limiti, se ha paura di amare, sempre e tutti. Ognuno è sempre qualcuno da amare. Senza amore poniamo solo alibi e rinvii e limiti alla nostra capacità di costruire la vita insieme, in una famiglia come in società, perché l’egoismo è scuola di crudeltà e l’individualismo è il veleno dell’amore». Dopo aver ringraziato quanti rendono possibile l’iniziativa – ovvero il Ministro della Giustizia, il Direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, i direttori delle 21 carceri, chef e volontari – Martinez ha voluto definire il gesto di ieri, di cui ha informato papa Francesco, «una “speciale visita” che credenti e non credenti, uomini e donne di buona volontà vogliono gratuitamente e generosamente offrire per un altro Natale. I cristiani conoscono una speranza che non delude, perché alimentata dall’amore e resa possibile dalla fraternità umana. Questa speranza, che per un detenuto è la possibilità di riscattare la propria vita, di volgersi al bene e di rinunziare al male, di redimersi dalle proprie colpe, è posta nel più profondo del cuore di ogni persona che è sulla terra».

Il presidente di Rns, guardando alla complicata realtà delle carceri, ha quindi detto che questa iniziativa «vuole indicare la necessità di una duplice discontinuità: sociale, che riguardi sempre più la società civile, e generazionale».
Dal carcere milanese di Opera si è poi collegata Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship, che ha commosso i presenti descrivendo le scene di bambini “abbarbicati” alle braccia dei papà detenuti che a loro volta li stringono forte e vanno imboccati perché senza più mani libere per mangiare. Oltre a questo pranzo di Natale, ha aggiunto la Reni, stanno fiorendo altre iniziative, come “Genitori dentro e fuori” per un percorso con i figli.

La direttrice del carcere Alessia Rampazzi ha definito questo pranzo di Natale «un ponte con la società esterna», in un carcere che sta mettendo in campo altre iniziative per rendere meno tristi questi giorni e, più in generale, la vita all’interno di Rebibbia, come dimostrato anche la casetta disegnata da Renzo Piano perché detenute e figli si possano incontrare in uno spazio meno “carcerario”. Presente anche Lorella Cuccarini, che ha auspicato un coinvolgimento e una sensibilità sempre maggiori da parte degli artisti. Preziosa la testimonianza dello chef Filippo La Mantia che diversi anni fa ha suscitato la scintilla dell’iniziativa e che ha ricordato di aver vissuto la detenzione per pochi mesi nel ’96, per un errore giudiziario, e di aver quindi conosciuto la sofferenza e la solitudine del carcere ma anche di aver lì imparato a cucinare.

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