venerdì 7 gennaio 2022
Il 'San Giuseppe' a Roma, centro d’eccellenza per la riabilitazione nei disturbi del neurosviluppo: «La cosa più difficile? Far capire a chi è fuori di qui come queste persone siano risorse
Il Natale al «Don Guanella» il posto di chi non ha posto
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C’è Cristina, ci sono Pedro, Luca, Sara. Per esempio. Li consideravano persi. Lei, un’esistenza terribile fin da bambina, scappava dopo qualche giorno da qualsiasi struttura, è qui da più di due mesi, vuole restarci e le piace farsi intervistare. Lui, Pedro, che, non bastassero i suoi problemi, si strafaceva pure di Lsd e mescalina prima e coca poi, non si riesce a farlo smettere di raccontare i suoi sessantatré anni per filo e per segno. Luca, una vita con la schizofrenia dentro, che ti accompagna nell’orto e spiega cosa fanno. Sara, che trascorreva il tempo a farsi male, tagliarsi, provocarsi ferite e ha smesso da un pezzo.

«Questo è un posto dove cerchiamo di accogliere le persone che non hanno un posto», spiega Tonino Cantelmi, direttore sanitario e clinico scientifico di 'Casa san Giuseppe' dell’Opera don Guanella a Roma (e presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici): «Quelle in una condizione che la società giudica orribile, apparentemente senza speranza e felicità», sarebbe a dire «con un disturbo del neurosviluppo, quindi una disabilità cognitiva, ai quali si associano anche disturbi del comportamento ». La cosa più difficile? «Far comprendere a chi è fuori di qui come le per- sone che accogliamo siano risorse e non un problema», risponde Francesco Cannella, che a 'Casa san Giuseppe' da ragazzino aveva fatto il volontario e adesso è direttore delle strutture e del personale. La cosa più facile? «Il rapporto coi nostri ospiti – risponde subito Raffaele Apreda, il direttore amministrativo –, che anche nei momenti più difficili ti danno un sorriso». Queste feste di Natale sono state in qualche modo anche particolari.

È venuto l’assessore regionale alla Salute, Alessio D’Amato, l’assessore romano alle Politiche sociali, Barbara Funari, il direttore generale dell’Associazione religiosa istituti sociosanitari, Mauro Mattiacci. D’Amato ha trascorso «una mattinata bellissima», come l’ha raccontata: «Ho parlato a lungo con gli operatori e gli ospiti e visitato la struttura, la chiesa, le stanze, l’orto, gli ambulatori». Funari ha poi postato sui social «un grazie speciale per la calorosa accoglienza, anche sotto la pioggia, agli ospiti e allo staff della Casa del don Guanella». I numeri sono grandi: la Casa «ospita 220 persone in residenziale, 65 in semiresidenziale e segue 120 bambini in ambulatorio», tira le somme Apreda. E secondo Maria Chiara Cannatà, responsabile degli appartamenti di semiautonomia, «la cosa più importante è prendersene cura». Tanto più che «ci tirano fuori il meglio, ci fanno piangere e sorridere ogni giorno», dice don Fabio Lorenzetti, superiore della comunità. E «in alcuni momenti ci fanno riscoprire capaci di altruismo e senso di fede inaspettato, dentro noi e soprattutto loro».

Danilo è schizofrenico e con tanti problemi: «Un giorno – ricorda Maria Grazia Arneudo, responsabile della Casa –, ero molto preoccupata per motivi personali, nessuno se n’era accorto. Danilo mi si avvicinò e disse 'pupa, oggi qualcosa non va, vero?'». Ancora Cantelmi, infine: «Vi invito a venire, a vedere il sorriso di qualche persona che vive qui. Vedrete che vi farà anche capire come ogni vita abbia senso e significato».

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