giovedì 10 gennaio 2019
Vicino Cuneo c'è un posto speciale dove da decenni si produce farina utilizzando un variatore di velocità di uno strumento di morte abbandonato nel 1943 dai tedeschi in ritirata
A Caraglio il mulino della pace, costruito utilizzando un cannone tedesco
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Le montagne della seconda guerra mondiale, due fratelli d’ingegno, un mulino che funziona con pezzi di cannone. Sono le voci silenziose della pace. Che storia quella di Romano ed Andrea Marabotto, 80 e 77 anni.

1943, la ritirata tedesca. I soldati si lasciano tutto dietro, le armi ai partigiani nascosti tra i dirupi, i pezzi pesanti alla gente che li trasforma. Succede a Caraglio, vicino Cuneo, nella gradevole cornice dei monti che salgono la valle Grana. Il paese è bello, quasi un quadretto adagiato tra le Alpi e la pianura ricca, fertile, rigogliosa, i primi campi della pianura padana. Sullo sfondo la parrocchiale, un pochino più rialzato rispetto al centro, l’insieme dei campanili e le chiese confraternite sembra riscrivere, plasticamente, le vicende religiose di una comunità.

Lì, ai margini dell’abitato, un mulino speciale che da decenni sforna farine utilizzando un variatore di velocità di un cannone abbandonato a Cartignano nel 1943 dai tedeschi in ritirata. (Guarda il video qui sotto)

La ruota qui gira dal 1859, quindi dai bagliori finali dell’unità d’Italia. Ci sono le macine, antichissime; ci sono le ruote dentate in legno di melo selvatico; l’antichissimo marchingegno per pulire il grano o il granoturco prima di passarlo nella macchina; i segni dei sacchi sul pavimento; le fotografie antiche che documentano una piccola grande storia, prova di quelle rivincite morali di cui l’Italia e piena e le strade della misericordia ancora di più. “Nel Dopoguerra – raccontano i fratelli, il mercato richiedeva farine di tipo 00 macinate con cilindri d’acciaio. Venne ritrovato nelle campagne dai nostri amici un carro armato irrimediabilmente rovinato e abbandonato dai nazisti in fuga. Allora non era un fatto raro. Ce n’erano molti. Vennero smontati, le armi le presero i combattenti, i meccanismi e tutte le parti meccaniche trovarono nuova vita, la seconda, nelle stalle, nelle case, nei campi. Il nostro fu adattato dai fratelli Arturo e Mariano Regolo che avevano un’officina. Erano veramente bravi”.

Così pochi giorni dopo lo sbandamento qualcuno sale a Cartignano per visionare alcuni rimasugli di scontri, rappresaglie ed imboscate vicino al paese aggrappato alle montagne di Cuneo e ne organizza il recupero.

Ed eccolo il variatore di velocità che per mezzo secolo invece di produrre dolore, ferite, morte, ha contribuito a sfornare farine. Sembra ancora un pezzo di guerra privato dei cingoli, ma gli ingranaggi sono gli stessi. E’ un pezzo di ferro tenuto come un gioiello, pulito, verniciato, oliato perché è l’oggetto di quei riscatti o rinascite che sono la prova del bene che esiste.

Il mulino da allora macina farine per la gente. Dalla guerra alla pace. Un ritorno al futuro che ha fatto storia: da strumenti di morte e mezzi di vita. I fratelli Marabotto forse solo ora si rendono conto del valore immenso che hanno realizzato.“Allora molti lo hanno fatto. Un gradino della nostra vecchia officina è un ferro di carro armato”. Chi parla è Valentino Regolo, 74 anni, figlio di Attilio Regolo (sic!), in pensione dalla Burgo di Verzuolo.

“Allora si usarono molti pezzi ad esempio – continua – per un triciclo a motore che portava alle mulattiere sopra Canosio pali e fili per le linee elettriche. Mio zio Arturo, alpino della Cuneense in Russia, durante la ritirata, fu sfamato dai contadini perché li aiutò a trasformare in trattori i carri armati abbandonati. Un vizio di famiglia”.

Ecco che cosa si nasconde, a volte, tra le pieghe delle cronache di guerra: la innata voglia di pace, di umanità. Ci vengono le scolaresche, ci vengono note trasmissioni tv come Geo&Geo che ha girato un documentario in onda quest’anno. Sono quelle rivincite della Provvidenza che non sempre è facile cogliere nel diario dei giorni.

“Si svuotino gli arsenali e si colmino i granai”. Così disse più volte il presidente della Repubblica Sandro Pertini; “Mai più la guerra, mai più”, hanno ripetuto Giovanni Paolo II, Francesco e Paolo VI che ha voluto la giornata della pace il primo giorno dell’anno. Quest’angolo di Caraglio è la prova che i sogni, anche i più impossibili, si realizzano, con l’aiuto di Dio e i colpi di genio dell’uomo.



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