sabato 17 dicembre 2016
Società finale in campo contro l'azzardo: bisogna rivedere il sistema delle concessioni. Feroci (Caritas Roma): sciacallaggio sulla pelle dei poveri.
Il Movimento no slot: fuori le multinazionali
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Sciacallaggio. Il gioco d’azzardo è un vero, «spaventoso sciacallaggio sulla pelle dei poveri»: monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas capitolina, non la manda a dire. E spiega chiaro anche l’obiettivo dello slot mob di ieri sera a Roma: «Svegliare le coscienze. Perché il gioco è un problema talmente grave, che rovina talmente tante persone, che non capiamo perché non si prendano subito provvedimenti». Organizzato dal 'Movimento no slot', l’incontro di ieri sera chiede di metter «fuori le multinazionali dal mercato dell’azzardo», spingendosi fino «alle radici di Azzardopoli seguendo la Costituzione». E si può: «Basta fare riferimento proprio all’articolo 41 della Costituzione», sottolinea Carlo Cefaloni, portavoce della 'Campagna no slot'.

L’Italia non ha legalizzato l’azzardo, ma lo ha incentivato – è stato ricordato –, tanto che «per il 2016 si prevede una raccolta straordinaria di 94 miliardi di euro con un’entrata per le casse erariali di oltre 9 miliardi». Ben vengano i regolamenti comunali che cercano di limitare un’attività nociva e inquinante il contesto sociale, come pure è «doveroso» aiutare chi cade «nelle trappole dell’azzardopatia». Ma non ci si può limitare a raccogliere i feriti per strada o «porre fragili argini davanti al potere finanziario che muove l’industria dell’azzardo». Così «l’unica strada coerente è quella di ridiscutere pubblicamente il sistema delle concessioni pubbliche dell’azzardo che vanno tolte alle società orientate al profitto e perciò interessate a promuovere un’offerta che diventata ossessiva ». Tanto più che questa incentivazione non ha limitato affatto la presenza della criminalità, come hanno confermato le relazioni della Direzione nazionale antimafia e «i recenti arresti eccellenti».

«Prima di tutto dobbiamo arrivare al bando della pubblicità dell’azzardo – dice Leonardo Becchetti, economista e docente all’università di Tor Vergata –. Va equiparata la pubblicità dell’azzardo a quella del fumo, non ha senso che se andiamo in un tabaccaio giustamente veniamo allarmati su tutti i danni del fumo, anche grazie a immagini choc sui pacchetti, e poi vediamo questi grandi 'affreschi' che promuovono i gratta e vinci». Daniele Poto fa parte di 'Libera ' e 'Mettiamoci in gioco': «Non siamo proibizionisti, vogliamo però che il mostro costruito dall’azzardo, con la complicità dello Stato, faccia un sostanziale passo indietro». In modo che «le entrate dello Stato possono arrivare da altri capitoli, più intelligenti e che non ammazzino la gente». Non c’è altra strada nemmeno per Mauro Vanetti, del 'Collettivo senza slot' di Pavia: «Si deve uscire dall’economia dell’azzardo. L’obiettivo di medio termine di mitigare gli effetti dell’azzardo va benissimo, ma secondo noi è del tutto possibile uscire da questa 'economia'», non fosse perché «i mercati non esistono in... natura». La storia dell’azzardo di massa nel nostro Paese dimostra come il processo «sia stato costruito a tavolino» e allora «si può anche smontarlo». Ancora monsignor Feroci: «Sta accadendo qualcosa di assurdo – lo ripete –. Ci sconcerta che non si faccia niente». Potrebbe fare esempi per ore di gente che «continua a massacrarsi col gioco d’azzardo». Ne basta uno: «Venti giorni fa ho incontrato un uomo, anziano, che è ospite nelle nostre strutture Caritas e non è di Roma, il quale nella sua vita si è giocato qualcosa come un milione e mezzo di euro». E addirittura c’è di più: «Aveva messo in piedi nella sua città una sala scommesse. Non per guadagnare, ma per se stesso...».

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