lunedì 1 aprile 2019
Il 27enne Said Mechaouat, reo confesso dell’assassinio. l pm: "È un movente che fa venire i brividi alla schiena"
Il killer di Stefano confessa: «Ho scelto di uccidere lui perché era felice»
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"Ho scelto di uccidere questo giovane perché si presentava con aria felice. E io non sopportavo la sua felicità". È una delle agghiaccianti spiegazioni fornite da Said Machaouat, il 27enne reo confesso dell'omicidio di Stefano Leo. A riferire la frase è il procuratore vicario di Torino Paolo Borgna. "Un movente che fa venire freddo alla schiena", dice il magistrato dopo il fermo del 27enne. "Volevo ammazzare un ragazzo come me - ha detto ai pm - togliergli tutte le promesse, i figli, toglierlo ad amici e parenti".

È in questi termini la confessione che Said Machaouat, il 27enne che domenica si è consegnato ai carabinieri attribuendosi l'omicidio commesso a Torino in riva al Po il 23 febbraio, ha reso a chi gli ha rivolto delle domande sull'accaduto. Il giovane ha origini marocchine e cittadinanza italiana. Ha spiegato che da tempo, a causa delle sue vicissitudini, non riusciva a uscire dalla depressione e dalla sofferenza. "

"Volevo uccidere una persona la cui morte avesse una buona risonanza non un vecchio, un 40enne di cui non avrebbe parlato nessuno". È questa un'altra delle frasi che avrebbe pronunciato durante l'interrogatorio Said, che avrebbe poi raccontato di aver comprato il set di coltelli per circa 10 euro. "Erano coltelli colorati, me ne sono liberato subito tenendo quello che mi sembrava più adatto a quello che dovevo fare". "Ho aspettato che passasse quello giusto, non so nemmeno io chi aspettavo, poi è passato un ragazzo gli sono andato dietro e l'ho accoltellato",

"Un movente sconvolgentemente banale che fa venire i brividi alla schiena", commenta ancora il procuratore capo Paolo Borgna che aggiunge: "In tutte le indagini complesse a un certo punto c'è bisogno di un colpo di fortuna, ma il colpo di fortuna serve se sullo sfondo ci sono indagini condotte da investigatori tenaci, competenti e pressanti. L'Arma, in stretto coordinamento con i magistrati, ha fatto un lavoro intelligente pressante e tenace anche nei momenti di pessimismo. Ieri nel giro di mezz'ora sulla base delle immagini già analizzate, pronte per essere confrontato il racconto dell'uomo che si è costituito, è stato possibile fare un'analisi".

“Nelle cinque settimane dopo il delitto - ha detto il comandante dei Carabinieri, il colonnello Francesco Rizzo - è stato svolto un lavoro investigativo minuzioso che ha consentito di raccogliere numerose fonti di prova senza mai trascurare alcuna ipotesi”. È vero che alla fine è stato un colpo di fortuna a imprimere una svolta ma gli elementi raccolti sono quelli che “hanno consentito qualche settimana fa di smascherare un mitomane invece ieri ci hanno consentito di riscontrare l’attendibilità della confessione”. Le indagini sono tuttora in corso, ha aggiunto il comandante provinciale - per documentare ulteriormente la dinamica dell’omicidio e il movente. Vogliamo verificare tutti gli spostamenti del fermato prima e dopo l'omicidio. Vogliamo capire se prima del 23 febbraio abbia mai incontrato la vittima".

"Il pensiero che Stefano sia morto per uno sguardo, forse per un sorriso che aveva regalato al suo assassino, è inaccettabile". Non si dà pace Maurizio Leo, padre di Stefano. "È come se lo avessero ucciso un'altra volta, non riesco a farmene una ragione".

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