«Non c’è un governo a rischio, non c’è una legislatura a rischio. Queste elezioni amministrative non cambiano la situazione. Si va avanti e si arriva fino in fondo. Già, fino al 2013». Silvio Berlusconi, cammina avanti e indietro lungo il perimetro, del salone di palazzo Grazioli. Per tutta la giornata il premier si è chiuso la bocca. È teso, nervoso, demoralizzato. Capisce che la tensione è alta. E, in un vertice notturno con lo stato maggiore del Pdl, ammette tutte le difficoltà del momento. Anche le difficoltà con la Lega: «Sì, ci sono problemi; sì, alcune scelte ci hanno diviso. Ma ritroveremo unità». Prende fiato il premier. Poi, con poche parole, spiega il momento difficile con l’alleato storico. E la strategia per mettere a posto le cose. «Da ora in poi ogni decisione sarà condivisa con il Carroccio. Questa sarà una regola», ripete il premier. Si va avanti con la speranza di rialzarsi. Berlusconi è convinto che la partita amministrativa non sia chiusa. «Si è giocato solo il primo tempo», ripete sottovoce. E azzarda: «A Napoli e a Milano vinciamo noi». C’è una carta che il premier vuole giocare: Pier Ferdinando Casini. Vitale per spingere Moratti e Lettieri, ma vitale anche in prospettiva quando si tratterà di scegliere il nuovo governo. «Casini riveda la sua strategia, scelga, capisca che l’Italia è un Paese che vuole il bipolarismo...». Berlusconi comincia a lanciare segnali chiari al vecchio alleato: «Rinunci a questo ruolo di ago della bilancia. La gente non capisce. Di là o di qua; o con i moderati o con gli estremisti». È un’offensiva che sembra destinata a crescere di intensità nelle prossime ore. Perché può essere lui la carta segreta in vista del voto politico che il Cavaliere continua a volere a fine legislatura. E perché capisce che anche Fini dovrà fare i conti con questo voto amministrativo. «Fini è una zavorra che Casini non può continuare a portare. L’ex capo di An non esiste più, le percentuali di Futuro e libertà sono da prefisso telefonico...». Berlusconi si ferma ancora. Poi agita un foglio con dei numeri scritti a penna. «Alle provinciali Fli si è fermata all’1 e 52 per cento. Nei comuni è andata ancora peggio. Mi scrivono 1,32... Casini che fa? Continua davvero con Fini?».Sono due giorni che il presidente del Consiglio tace in pubblico. L’ultimo sondaggio che gli mettono sotto gli occhi parla chiaro. La prima infornata di Responsabili non è piaciuta agli elettori. «Abbiamo fatto un errore, si, i nostri non hanno capito, hanno creduto alla cosa del calciomercato, della compravendita, alle falsità della sinistra». Però ciò che fatto è fatto, si può solo correre ai ripari. Rinviando la "verifica parlamentare" chiesta dal Colle, e stoppando, con il parere favorevole dei responsabili, la seconda tranche di nomine. Tutti d’accordo, nessuna lamentela, ci si rende conto che il tempo delle lamentele è finito, e che se si perdono Milano e Napoli al secondo turno si rischia di andare tutti a casa. Un passo falso, quello del rimpasto, che nei ragionamenti del premier conta quasi di più rispetto allo scivolone in diretta tv della Moratti contro Pisapia e dei toni radicali usati anche da lui negli ultimi giorni di campagna elettorale.A fianco all’analisi c’è anche la voglia di motivare la truppa, che sembra davvero con il morale a terra: «A Letizia serve il sostegno di tutti – incalza –, non ci possono essere arretramenti e defezioni...». Eppure anche il premier è sempre meno convinto che la situazione possa essere ribaltata e qualcosa si capisce da una frase: «Ci metterò la faccia solo se serve». Senza Berlusconi la strategia potrebbe essere ricalibrata: stop agli affondi su pm e giustizia. Ma intanto il Cavaliere sferra l’ennesimo affondo : «Dobbiamo far capire chi c’è dietro Pisapia, lui ha la faccia pulita ma alle sue spalle ci sono centri sociali e la sinistra estrema. I milanesi non gli possono dare le chiavi della città...». Quell’atto d’accusa si sposta a Napoli e investe De Magistris. «Non possiamo dare la città in mano a un pm che ha solo rovinato delle persone e non ha mai vinto un processo, mentre ci sono tanti magistrati bravi».