giovedì 9 luglio 2020
Ultimatum del governo che chiede nuove condizioni (tariffe giù, nessun ricorso e nuovo regime di controlli). Sullo sfondo il nodo dell'assetto azionario. Tomasi indagato per i pannelli fono-assorbenti
L'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Roberto Tomasi, entra al ministero delle Infrastrutture.

L'amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Roberto Tomasi, entra al ministero delle Infrastrutture. - ANSA

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Ancora 72 ore per la "Grande trattativa": se entro domenica Autostrade per l’Italia/Aspi non farà al governo una nuova proposta (diversa da quella presentata a marzo) accettabile e «vantaggiosa per lo Stato», la revoca della concessione sarà inevitabile. A ribadirlo, stamattina, sia il premier Conte da Venezia che la ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli. «O arriva in extremis una proposta a cui il governo non può dire di no, perché estremamente vantaggiosa per il pubblico - spiega il presidente del Consiglio Conte - visto che non possiamo più regalare soldi a nessuno, men che meno ai privati, oppure si chiama procedimento di revoca, che significa che alla fine terminerà con una revoca». Una posizione ferma ribadita anche dal ministro Paola De Micheli, che sottolinea come ci sono «ancora poche ore per attendere questa risposta, credo che Aspi sia nelle condizioni di capire e di sapere, dopo un lungo percorso che ha attraversato questi mesi, che cosa è quell'interesse pubblico indicato dal presidente del Consiglio». La decisione sulla concessione ad Aspi, stando ad alcune indiscrezioni, potrebbe arrivare in Cdm già martedì prossimo.

Come se non bastassero i nodi da sciogliere per Autostrade, stamane è arrivata anche una tegola sulla società, dopo la notizia che Roberto Tomasi, attuale amministratore delegato, è stato iscritto nel registro degli indagati nell'inchiesta sui pannelli
fonoassorbenti
sistemati sulla rete autostradale italiana, non in quanto ad, ma per la presenza nel comitato nuove opere, l'organo tecnico che valutava gli investimenti di Aspi prima che fossero sottoposti al consiglio di amministrazione dell'azienda per essere finanziati. Una novità che costringe subito l'azienda a spiegare L'ad di Aspi Tomasi «non aveva competenza sulle barriere
fono-assorbenti». L'ad, sottolinea in una nota l'azienda, «prendeva parte al comitato grandi opere per presentare altri progetti».

​L'incontro al Mit e le condizioni del governo

Dopo quasi 2 anni di tentennamenti seguiti al crollo del ponte Morandi, sembra arrivata davvero l’ora di chiudere la partita. L’ultimatum ai vertici di Aspi e della capogruppo Atlantia è scaturito dall’incontro di due ore, ieri pomeriggio al ministero dei Trasporti. Incontro rigorosamente tecnico (c’erano i capi gabinetto del Mit e del Mef, Alberto Stancanelli e Luigi Carbone, e il segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Chieppa, mentre come controparte erano presenti gli ad delle due società, Roberto Tomasi e Carlo Bertazzo), da cui si sono tenuti distanti i politici, impegnati ad alimentare la polemica.
Un Consiglio dei ministri risolutivo si starebbe ipotizzando già per lunedì perché, come ha spiegato il premier Conte, la situazione è tale che dovrà essere condivisa da tutto il governo. Per ora la soluzione ancora non c’è. La holding crolla intanto in Borsa, perdendo in una seduta l’8,2% (a 13,1 euro). Pesa anche la sentenza della Consulta, che l’altroieri ha giudicato non illegittima l’esclusione di Aspi dalla ricostruzione. Compattando così chi continua a chiedere a gran voce che «i Benetton non gestiscano più le nostre autostrade», come fa il vice-ministro 5s Stefano Buffagni. La revoca, insiste anche Alessandro Di Battista, non sarebbe una «vendetta», ma un dovere «di autotutela» dello Stato «nell’interesse del Popolo e della sua sicurezza» e anche «nei confronti dei familiari dei morti» del Ponte.
Mentre resta la contrarietà di Renzi, anche tra i dem, finora sempre cauti, si fa strada l’ipotesi di chiudere il rapporto con Autostrade: «Sono emerse gravi inadempienze, revocare la concessione non è impossibile», si spinge a dire in tv il sottosegretario all’Ambiente, Roberto Morassut, precisando che «occorre una forte attrezzatura giuridica e formale, perché il rischio contenzioso a danno dello Stato è elevato». Proprio la rinuncia a tutti i ricorsi sarebbe una delle condizioni che il governo avrebbe messo sul tavolo della trattativa, assieme a un deciso calo dei pedaggi (in linea con quanto chiesto dall’Autorità dei trasporti) anche superiore al 5%, a penali per il crollo del ponte sul Polcevera (si parla di 3 miliardi, che Aspi sarebbe disposta a versare), alla gratuità della tratta nella zona di Genova. Nell’incontro si sarebbe affrontato anche il tema della manutenzione, al centro del dibattito in questi giorni in Liguria.
Non si sarebbe discusso, invece, di un altro tema cruciale, cioè quello del controllo della società e di una eventuale uscita dei Benetton. Oggi Atlantia detiene l’88% di Aspi e si è detta disponibile a nuovi soci ma di minoranza, mentre il governo punterebbe (facendo entrare Cdp e il fondo F2i) a far scendere la famiglia sotto il 50%: il problema è mettersi d’accordo sul valore della quota. Certo ora che la Consulta ha in parte spostato gli equilibri di forza, la società dovrà rivalutare la sua offerta, giudicata irricevibile e insufficiente dall’esecutivo. Ma le conseguenze della revoca, secondo lo stesso Tomasi, sarebbero «devastanti», quindi è probabile che si cercherà fino all’ultimo di trovare una mediazione. La situazione è stata già oggetto di una prima analisi in un Cda di Atlantia, che tornerà a riunirsi in queste ore per valutare fin dove spingersi: si parla pure di una possibile rinuncia al controllo attraverso un aumento di capitale.
Intanto, sulla gestione del nuovo ponte affidata pro tempore ad Aspi, è emerso che già una lettera d’inizio 2019, quando ministro era il 5s Danilo Toninelli, aveva creato le pre-condizioni con la frase che a fine lavori l’opera «deve ritenersi riassorbita nel rapporto concessorio vigente».

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