lunedì 31 gennaio 2022
Dopo il Quirinale, si accelera sui 45 obiettivi entro giugno per la seconda rata da 24 miliardi. Primo confronto in Cdm, entro domani risposte dai ministeri. Rimandati incontri con Salvini e Conte
La sala di Palazzo Chigi durante una riunione del Consiglio dei ministri

La sala di Palazzo Chigi durante una riunione del Consiglio dei ministri - Filippo Attili

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Ora a tutta forza sul Pnrr. Archiviata nel fine settimana a Città della Pieve la delusione per la mancata "promozione" al Quirinale, Mario Draghi ha subito voltato pagina: è tornato ieri a Palazzo Chigi sfoderando la solita tranquillità e si è metaforicamente rimboccato le maniche per tornare al "cuore" della sua azione, quella (assieme alla lotta contro la pandemia) per cui un anno fa fu strappato alla serenità umbra per insediarsi alla guida del governo.
Draghi è ripartito da un "inusuale" giro di tavolo, per salutare con una stretta di mano uno a uno i suoi ministri (inclusi quelli che la settimana scorsa si sono opposti alle sue chance), e da un omaggio da lui reso alla rielezione di Sergio Mattarella, accompagnato da un lungo applauso. Dopo l’"implosione" quirinalizia di M5s e Lega, l’ex presidente della Bce confida ora in un governo più forte (come molti osservatori prevedono) almeno fino a giugno, prevedibilmente liberato un po’ dalla morsa dei partiti che dovranno concentrarsi a sanare le loro ferite interne. Anche per questo gli incontri richiesti dai due "non vincitori" della battaglia politica per il Colle, Matteo Salvini e Giuseppe Conte, sono "congelati": ancora non sono stati fissati. Prima ci sono altre «priorità», le stesse che hanno portato a rieleggere Mattarella. Da qui la volontà draghiana, peraltro scontata, di accelerare. Già domenica Palazzo Chigi aveva fatto filtrare l’indicazione che, ove possibile, d’ora in poi si procederà anche a due Consigli dei ministri a settimana. E così sarà già da questa, concentrandosi sul capitolo più corposo, ma anche meno divisivo: i nuovi 24,1 miliardi di fondi del Pnrr, da ottenere nel primo semestre 2022 raggiungendo i 45 obiettivi prefissati.
Il clima ieri in Cdm è stato descritto come tranquillo, tuttavia alcune scorie della tornata quirinalizia si sono avvertite. Giancarlo Giorgetti, che sabato si era detto tentato dalle dimissioni, pare che fosse poco sorridente. «Gli strascichi ci sono – ha riferito una ministra all’agenzia Ansa -, le prossime settimane non saranno facili, ma Draghi ha impostato il lavoro con serenità».
Al tavolo del Consiglio durato appena mezz’ora - definito «di ripartenza» dalla Guardasigilli Marta Cartabia - Draghi ovviamente non ha fatto nessun cenno alla sua vicenda, allontanandosi poi alla fine col dem Dario Franceschini. Il premier si è concentrato sulle amate cifre. È partito dai risultati ottenuti, dal Pil salito del 6,5% nel 2021, per poi dare i compiti a casa ai ministri: entro domani, mercoledì, dovranno consegnare nel nuovo Cdm un rapporto sull’attuazione degli investimenti e delle riforme di loro competenza e indicare se servono norme o «correttivi» per realizzarli. La pressione è altissima in particolare su tre ministeri tecnici: Infrastrutture, Transizione ecologica, Transizione digitale. Entro giugno si dovranno realizzare 45 obiettivi ed entro dicembre altri 55 per la terza rata di fondi Ue da 21,8 miliardi. In tutto entro giugno 2023 (poco oltre fine legislatura) vanno centrati 127 target legislativi, per un totale di 64,3 miliardi.
Domani si farà l’agenda dei prossimi sei mesi, in pratica. I partiti insistono su un nuovo scostamento di bilancio per intervenire contro il "caro-bollette", ma Draghi resta cauto sui conti ed è difficile che si arrivi ai 30 miliardi chiesti da Salvini. Il nervosismo di Giorgetti che, sotto pressione per le crisi aziendali del suo Mise (il ministero dello Sviluppo economico), ha chiesto un cambio di metodo anche al governo, sarebbe venuto a galla sulle discoteche da riaprire e sul tema dei "soggetti fragili" ai quali consentire lo smart working, quando ha ricordato che già a dicembre aveva chiesto di definire una lista. In questo clima, il dossier del rimpasto sembra lontano. Ma una ministra "governista" come la forzista Mara Carfagna, titolare del dicastero per il Sud, avverte: «Bene ha fatto chi ha difeso il governo dalla tentazione di spallate che fino a due giorni fa attraversava alcune forze. Mai come adesso siamo orgogliosi di partecipare a uno sforzo di salvezza nazionale».

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