sabato 3 aprile 2010
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«Non è corretto sul piano legislativo contestare la legittimità del comportamento di quei presidenti di Regione che ritengono non praticabile la tecnica dell’aborto chimico attraverso la somministrazione della Ru486». Questa affermazione Alberto Gambino – docente di Diritto privato all’Università europea di Roma – la motiva con la legge 194 alla mano. «Ricordo che in base all’articolo 15 le Regioni promuovono l’aggiornamento "sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione di gravidanza". Si tratta di un potere-dovere legittimo che rientra tra le prerogative delle istituzioni regionali».Dunque, Zaia e Cota possono non introdurre la pillola in Veneto e Piemonte?Intanto bisogna ricordare che in Piemonte la prassi adottata nella somministrazione della Ru486 non prevedeva il ricovero ordinario ma il day hospital, obiettivamente pericoloso. La donna, infatti, torna a casa e deve fronteggiare in solitudine i rischi di emorragie. Dunque, il nuovo governatore può dire: fermiamoci, perché ho il potere, datomi dalla 194, di monitorare le tecniche. E, se sono queste, posso bloccare tutto. Poi vedremo se ce ne sono altre, come il ricovero ordinario, che tutelano maggiormente la salute della donna. E se ci sono nuovi protocolli del ministero della Salute.Ma con il ricovero ordinario la donna può sempre firmare e andarsene.Qui c’è una grande ipocrisia. Per questo c’è chi, come me, sostiene che la Ru486 in quanto tale contrasta con la 194: per la sua dinamica, per l’assenza di prevenzione, di dissuasione, per i tempi strettissimi e per la tecnica in sé, che non è un "intervento", unica ipotesi prevista dalla 194.Il Css si è espresso per il ricovero ordinario, ma si è in attesa di linee guida. Non c’è il rischio di diversi trattamenti nelle varie regioni?Una volta che il governo, a cui spetta la tutela della salute su tutto il territorio nazionale, abbia emanato linee guida che prevedano il ricovero ordinario, tutte le regioni dovrebbero attenersi. Uso il condizionale, perché sul piano della lettura della legge e per le ragioni dette, qualcuno potrebbe discutibilmente ritenere che questa tecnica non rientri nelle previsioni della 194.Fino a dove ci si può spingere?La legge parla di interventi chirurgici, ed è tutta incentrata su quella fattispecie. Inoltre la sua violazione è un reato. Quindi non si può procedere per analogia o con un’interpretazione estensiva che includa altre fattispecie discriminanti come l’aborto chimico, che, ripeto, non sono previste dalla 194. E siccome i governatori hanno una funzione pubblica importante nel fare osservare le leggi dello Stato, ci potrà essere qualcuno che ritenga che la Ru486 sia illegittima in toto, aprendo contenziosi sul piano politico-istituzionale e persino giurisdizionale.Molti la definiscono una terapia. Che ne pensa?Il peccato originale è che la Ru486 non è un farmaco, cioè una pillola che cura una malattia. È giusta piuttosto la definizione di aborto chimico, perché questo non è altro che – mi si passi l’espressione – un veleno finalizzato ad annientare un essere vivente. Possibile che l’Agenzia italiana del "farmaco" possa ratificare questo tipo di ritrovato chimico? Forse significa che la gravidanza è diventata una malattia?
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