sabato 11 novembre 2017
Lo rivela un agente. Si rafforza l'ipotesi dello scambio di persona sul super trafficante di esseri umani . E il Guardian accusa i pm di Palermo: «Intercettate conversazioni di un nostro giornalista»
«Nessun migrante sbarcato ha mai riconosciuto il presunto trafficante»
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Intercettazioni telefoniche e conversazioni in chat. È il nuovo atto d’accusa della Procura di Palermo nei confronti del cittadino eritreo arrestato lo scorso maggio in Sudan ed estradato in Italia, perché ritenuto a capo di una organizzazione di trafficanti di esseri umani. Intercettazioni anche ai danni di Lorenzo Tondo, reporter del Guardian che ha indagato sul presunto errore dei magistrati siciliani.
Dubbi alimentati anche dalle dichiarazioni di un investigatore. «Nessuno dei migranti giunto in Sicilia – ha riferito in tribunale a Palermo– ha detto di avere mai riconosciuto nell’imputato il vero Mered Yedhego, detto "il generale"».
In altre parole, si tratta di associare un volto (nella foto in altro a sinistra il vero "generale", a destra il giovane eritreo arrestato un anno fa) ad alcune intercettazioni. Ma la corrispondenza è ancora tutta da dimostrare. Per la difesa si tratta di un clamoroso scambio di persona: ad essere catturato in Sudan, e poi consegnato alle autorità italiane, non è "il generale", ma un malcapitato falegname eritreo di nome Medhanie Tesfamariam Behre.

I documenti prodotti in tribunale venerdì mostrano che i magistrati siciliani "hanno registrato segretamente due conversazioni tra il giornalista Lorenzo Tondo e una delle sue fonti, in violazione dei suoi diritti professionali", scrive il Guardian.

A quanto risulta ad "Avvenire", l’ex dirigente della Squadra Mobile di Palermo, Carmine Mosca, oggi capo della Mobile di Latina, ha dichiarato che "Il generale" è stato identificato solo «attraverso le intercettazioni telefoniche e seguendo alcuni numeri di telefono, tra cui uno utilizzato nel 2014. Ma non abbiamo mai potuto riscontrare il suo volto». Nel corso di una conversazione «era lui che ha fatto il nome della moglie Lydia Tesfu. Attraverso il profilo Facebook di quest’ultima siamo risaliti a 3 profili utilizzati da Mered Medhanie Yedhego e da uno di questi abbiamo estrapolato una immagine (quella in cui vi è un uomo di carnagione scura con un grosso crocifisso d’oro, ndr). Ma non abbiamo mai potuto riscontrarla ufficialmente».

Agli atti dell'inchiesta manca però il verbale d'arresto compiuto in Sudan. Il commissario Mosca ha deto di non avere stilato «alcun rapporto, ne avrei potuto farlo a fronte del fatto che avevo di fronte il vice capo della polizia di quel paese», il Sudan. «Il materiale che mi fu consegnato, tra cui il telefono, erano quelli rinvenuti al momento dell’arresto e l’indagato non ha mai disconosciuto questa cosa». Ma tra le migliaia di stranieri sbarcati, qualcuno ha saputo dire se l’uomo in carcere è il superboss della tratta di esseri umani: «Nessun migrante giunto in Sicilia a cui a cui è stato mostrato il foto album – è stata la risposta di Mosca – ha mai detto di avere riconosciuto Mered Yedhego, "il generale"».


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