giovedì 12 gennaio 2017
E la nuova indagine riapre i quesiti irrisolti sulla P4
Il Centro anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Ansa)

Il Centro anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche (Ansa)

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«Interessi illeciti oscuri». Tre parole, vergate dal gip che ha ordinato gli arresti dei presunti spioni da tastiera, che aprono scenari ma possono anche far virare l’inchiesta verso un vicolo cieco. Perciò gli investigatori romani seguono prevalentemente due direzioni. Quella più inquietante riguarda le sovrapposizioni tra l’attività dei due fratelli Occhioreno e alcuni esponenti della cosiddetta P4, che in comune con gli Occhionero avrebbe avuto, tra le altre cose, una mail contenente un 'cavallo di troia', proveniente da uno stesso server, che rendeva i presunti pirati capaci di impossessarsi dei dati contenuti negli indirizzi infettati e nei computer delle vittime. L’altra pista è quella dei server negli Usa, dove gli inquirenti sostengono che Occhionero conservasse l’archivio dei dati recuperati.

L’ingegnere avrebbe cancellato interamente la copia d’emergenza che possedeva nel suo computer romano e, secondo chi indaga, le informazioni non sono recuperabili se non arrivando al server estero, se le autorità statunitensi acconsentiranno di poterne consultare i contenuti. Finora Occhionero si è rifiutato di fornire le pas- sword necessarie a entrare nell’archivio dei server americani: «Non sono dati che posso fornirvi », ha ripetuto agli inquirenti durante l’interrogatorio di garanzia che si è tenuto ieri. Le indagini, come emerso dall’ordinanza di custodia cautelare, hanno accertato che, almeno in una versione del virus utilizzato, i dati carpiti dai computer contagiati venivano inviati a quattro indirizzi mail che «risultavano essere già emersi nel luglio 2011 nel corso del procedimento della cosiddetta P4».

Uno degli indirizzi e-mail, viene sottolineato nel provvedimento restrittivo, sarebbe «collegato a operazioni di controllo da parte di Luigi Bisignani nei confronti dell’onorevole Papa e delle Fiamme Gialle». Bisignani non solo ha smentito di avere mai spiato alcuno, ma ieri ha lasciato intendere che dietro allo spionaggio potrebbero esserci dei servizi segreti stranieri. Nell’ordinanza di custodia cautelare il gip spiega come la vicenda non sia una «isolata iniziativa dei due fratelli ma che al contrario si collochi in un più ampio contesto dove più soggetti operano nel settore della politica e della finanza». Chi indaga non ha dubbi che si tratti di moderno spionaggio, ma ancora non è chiaro con quali fini i due fratelli carpissero dati: per fornire informazioni su appalti, o per investire in borsa, o forse per accumulare una serie di dati sensibili legati alla sfera personale di persone che un giorno potevano tornare utili o vendibili. Da quanto trapela, le procure che in Campania si occuparono della P4, stanno seguendo con interesse gli sviluppi dell’indagine capitolina. Alcuni capitoli dell’inchiesta che si concluse con alcune condanne, tra cui quella dello stesso Bisignani, potrebbero venire riaperti poiché restarono nell’ombra alcune operazioni i cui mandanti ed esecutori non vennero mai identificati.

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