martedì 10 maggio 2016
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Fisco «su misura» e servizi di supporto per rovesciare l’implosione demografica ROMA Una virata politica a favore della famiglia e dei figli diventa sempre più urgente. Il Forum della associazioni familiari sabato prossimo rilancerà il tema in un convegno. A partire dalla proposta del «fattore famiglia» ovvero, in sintesi, di un fisco che misura il reddito in base al numero dei componenti del nucleo. Oggi i nuclei più numerosi sono, in media, anche i più poveri. È il momento di adottare, ha affermato ieri il presidente Gigi De Palo, «una tassazione più equa e un Isee che tenga realmente conto dei carichi familiari ». Mentre oggi il prelievo Irpef è imperniato sulle singole persone. Ma accanto al fisco, c’è la questione dei servizi di supporto alla famiglia. E quella di un mercato del lavoro che permetta di conciliare le esigenze delle aziende con la vita familiare. Il precariato, anche quello degli uomini, non aiuta la maternità. E l’Italia associa uno più bassi tassi di natalità a un indice di occupazione femminile ai minimi in Europa. Anche per questo siamo in coda alle classifiche sul Pil. Cambiare rapidamente direzione sui figli è una necessità anche per la ripresa economica. Pochi bambini e pochi giovani riducono il potenziale di crescita del Paese e alimentano la deflazione, peggiorando nel tempo la condizione delle famiglie e frenando così ulteriomente la propensione a far fi- gli. Mentre le politiche di Welfare dovranno occuparsi sempre più dell’esercito degli anziani piuttosto che sostenere la natalità. Eppure in un ipotetico sondaggio forse poche persone indicherebbero il declino demografico e la denatalità come il principale problema dell’Italia di oggi. Del resto è difficile dare il giusto peso alle tendenze di lungo periodo, quando non entrano nelle breaking news di Tg e siti di informazione. Ma i dati sulla popolazione, a detta di tutti gli esperti, sono sempre più inquietanti e senza reazioni adeguate il Paese rischia il suo futuro. Il 2015 è stato un anno nero ed è meglio ricordare qualche cifra. Il numero di figli per donna è sceso a quota 1,35 (a fronte del 2,1 necessario per mantenere stabile la popolazione). I nuovi nati sono calati sotto il mezzo milione (478mila), minimo storico dall’Unità d’Italia. La popolazione residente è diminuita di 139mila unità e gli anziani sono sempre di più. Ma un Paese di vecchi, quale l’Italia sta diventando, non è affatto un Paese per vecchi, che per star bene hanno bisogno di nipotini e di qualcuno che lavori e paghi loro pensioni e Sanità. A peggiorare la spirale demografica negativa ora c’è il fatto che sta diminuendo il numero delle madri potenziali. Fino agli anni scorsi la popolazione è lentamente cresciuta soprattutto per l’apporto dell’immigrazione e per il fatto che si vive più a lungo. Ma anche perché le donne adulte erano numerose, la generazione degli anni 60 e 70. C’erano tante mamme che hanno fatto pochi figli ciascuna. Adesso invece arriva al pettine il nodo del declino demografico cominciato intorno agli anni 80. Ci sono sempre meno donne in età fertile. Così avremo poche mamme con pochi figli ciascuna. Nel 2005 le donne tra i 30 e i 34 anni (è l’età oggi nella quale si fanno più bambini) erano quasi 2,3 milioni, oggi sono scese a 1,8 milioni. Del resto nel 1970 ci furono 900mila nascite, crollate verticalmente a 640mila nel 1980 e ulteriormente scese a 560mila dieci anni dopo. Dalle culle piene al baby-sboom. Se si vuole invertire la tendenza, dato che non è possibile moltiplicare le donne adulte (salvo che con un massiccia immigrazione), l’unica strada è creare le condizione perché queste possano e vogliano fare le mamme. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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