giovedì 21 giugno 2018
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Gli esponenti della vecchia cupola mafiosa di Palermo alla sbarra nell’Aula bunker (Ansa)

Gli esponenti della vecchia cupola mafiosa di Palermo alla sbarra nell’Aula bunker (Ansa)

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In un anno, il 1987, privo del grande fatto che si imponga nettamente sugli altri, il titolo di prima pagina da ricordare è quello del 17 dicembre: «Ergastolo alla mafia. La sentenza di Palermo contro la vecchia cupola». Si tratta del maxi processo, oggi celebrato come chiave della lotta alla mafia; la prima volta di tutti (o quasi) i boss insieme dietro alla sbarra; la prima volta dei pentiti e delle "mamme coraggio"; la prima volta di tanti imputati e tante condanne: 396 a giudizio, 19 ergastoli. Eppure Avvenire non attribuisce a questo evento, oggi considerato storico, troppo spazio. Nessun inviato a Palermo, né alcun commento, con l’eccezione di un corsivo di Rino Marrone sulla prima sconfitta dell’omertà... ma un anno prima, nel 1986.

La notizia della sentenza era stata anticipata il giorno precedente, il 16 dicembre, da un articolo a pagina 4: «La Mafia salda il debito. Palermo, dopo un anno di udienze e un mese di camera di consiglio oramai imminente la sentenza dei giudici impegnati nel maxi processo». Luigi Offeddu, comunque, sembra aver ben chiara la portata della notizia: «Tutto come di regola in ogni processo: ma questo non è stato un processo come gli altri, né le decisioni finali dei giudici avranno lo stesso peso dei normali verdetti che ogni giorno si pronunciano nei tribunali della nostra Repubblica. Questa volta, infatti, sotto giudizio è andata la Mafia con la "M" maiuscola, nella sua interezza così come anni di indagini l’hanno ritratta: uomini ma anche e soprattutto metodi, regole, tradizioni, mentalità, investimenti economici e anche connessioni più o meno dirette con altri poteri, a incominciare da quello politico». Un grande processo con alcuni fatali limiti. A giudizio è andata «la mafia (qui la "m" torna minuscola, ndr) degli anni Settanta e dei primi anni Ottanta».

E il grande protagonista, Giovanni Falcone? È stato anche, scrive Offeddu, «il processo fondato sul "teorema Falcone". Vale a dire, i 395 imputati sono finiti davanti ai giudici sulla base di quanto è risultato in anni d’indagini condotte dal giudice Falcone e dai suoi collaboratori; e il postulato alla radice di quelle indagini era che niente, negli anni Settanta-Ottanta, è avvenuto a Palermo e dintorni senza l’intervento, il controllo o la supervisione indiretta della mafia».

Il giorno dopo, ecco la sentenza. «Diciannove ergastoli per tutti i componenti della "supercupola" mafiosa con la sola eccezione di Pippo Calò, pene lievi per i grandi pentiti Buscetta e Contorno, sette anni e quattro mesi per il cosiddetto "esattore di Cosa Nostra", Ignazio Salvo» scrive Offeddu a pagina 5. Che, tra tanti successi, segnala anche un limite del processo: «Negli anni dell’istruttoria l’intreccio mafia-politica è solo accennato, anche e soprattutto perché Buscetta non ha voluto, saputo o potuto dire quasi nulla di importante in questo campo così delicato; ma se intreccio esisteva davvero, questo doveva passare con ogni probabilità proprio attraverso i contatti e le agende di Pippo Calò; la condanna a 23 anni di quest’ultimo, se confrontata con gli altri ergastoli sembra sminuire indirettamente il personaggio, e con esso sminuire anche l’importanza della pista mafia-politica».
A Palermo fu sconfitta anche, forse soprattutto l’omertà.

Lo scrive molti mesi prima (19 luglio 1986, pagina 6), a processo in corso, Rino Marrone in un corsivo dove parla del cardinale Pappalardo, dei pentiti e delle donne, di una «nuova coscienza» che comincia ad affermarsi in Sicilia: «Le vedove e le mamme coraggio si uniscono ai pentiti, accusano e fanno nomi, chiedono che sia fatta giustizia. E vengono fuori storie drammatiche di famiglie distrutte dalla "lupara bianca", perché un loro congiunto ha visto "ciò che non doveva vedere"». Conclusione: «La capitale dell’isola sembra che si sia svegliata dal suo lungo letargo».

Vittoria? Sì, ma parziale. Come aveva scritto Offeddu, all’ergastolo va la mafia "vecchia". Il giorno dopo la sentenza, la guerra ricomincia. «Killer uccidono la speranza. Assassinato a Palermo Antonino Ciulla assolto al maxi processo» (18 dicembre, pagina 6). E Falcone? Proprio il giorno della sua vittoria con la sentenza che azzera la vecchia cupola, arriva il primo dispiacere. «Spaccatura nella magistratura. Al vertice andrà Meli, non Falcone. Per la nomina di consigliere istruttore a Palermo» (17 dicembre, pagina 5). «La lotta alla mafia – scrive Giovanni Bianconi – ha smesso di essere una "medaglia al petto", un merito particolare per fare carriera». I giochi però potrebbero essere ancora aperti: «Ma l’ultima parola non è ancora detta – conclude Bianconi. – Sponsor del giudice antimafia sono i comunisti e gli esponenti del "nuovo corso" della Dc siciliana. Qualcuno fa già i paragoni con l’alleanza che ha portato alla Giunta "atipica" di Palermo». Quella dell’allora giovane sindaco Leoluca Orlando.

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