giovedì 11 novembre 2021
Realtà aumentata e rete 5G consentono all'ospedale milanese di realizzare una sperimentazione che, al momento, interessa la cardiochirurgia. Si aprono possibilità anche per i Paesi meno ricchi
I test in corso al San Raffaele

I test in corso al San Raffaele - Ufficio stampa ospedale San Raffaele

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«Gli interventi chirurgici non saranno più gli stessi. Perché la tecnologia ne sta modificando efficacia e sicurezza. Grazie all’utilizzo della rete 5G e della realtà aumentata, in particolare, è già realtà il "remote proctoring"». Ovvero un aiuto da remoto all’équipe in sala operatoria. Il cardiochirurgo Paolo Denti, che all’ospedale San Raffaele di Milano si occupa della terapia transcatetere delle cardiopatie strutturali, si dice «impressionato» dai risultati del trial clinico sulla riparazione della valvola mitrale per via percutanea, con il quale, nel suo ospedale, vengono testati sia un software creato dalla startup Artiness del Politecnico di Milano, sia la rete 5G Vodafone.

In soldoni: il chirurgo opera mentre nel suo campo visivo, grazie ai visori di realtà aumentata, ologrammi estremamente definiti si sovrappongono al campo operatorio arricchendolo di informazioni cliniche del paziente; in questo modo il chirurgo non è costretto a distogliere l’attenzione per richiamare esami preoperatori e si risparmia lunghi passaggi che, oggi, dilatano i tempi dell’intervento. Inoltre, lo stesso medico può essere supportato da uno specialista con maggiore esperienza che, stando anche a migliaia di chilometri, viene "immerso" nella sala operatoria grazie a questa tecnologia. Perché, afferma Denti, «lui vede ciò che vedo io, e può compiere gesti e manovre, muovendo strumenti, proprio come faccio io, che però sono in sala. Tutto avviene in tempo reale, perché il 5G, a differenza delle reti Wi-fi, non ha ritardi. È incredibile – aggiunge il cardiochirurgo –, è come avere un collega accanto». Con enormi vantaggi sull’esito dell’operazione in termini di «accuratezza, tempi e riduzione del margine di errore, visto che l’operatore in sala può affidarsi ad immagini ritagliate sul paziente e non unicamente alla propria esperienza o memoria».

Grazie alla sperimentazione in corso, che si concluderà a fine anno, l’impiego del "remote proctoring" potrà diventare strutturale. «Anche subito, qui al San Raffaele. Avevamo solo bisogno di questo percorso, che necessita di alta specializzazione, per tradurre scientificamente una nostra teoria che sarebbe rimasta tale senza uno studio clinico», evidenzia Denti. Naturale pensare ad uno sviluppo di questa possibilità anche in quelle aree del mondo dove non è possibile compiere interventi con un alto coefficiente di complessità. «Faccio un esempio semplice – riprende Denti –. Spesso le équipe del nostro gruppo ospedaliero, il San Donato, compiono missioni umanitarie operando in Paesi in via di sviluppo. Ebbene, implementando questa tecnologia in loco, non sarà più necessaria la nostra presenza fisica, potremo "entrare" in quegli ospedali stando a Milano o in qualsiasi altra parte del mondo». Il costo da affrontare è iniziale, cioè serve a creare una rete 5G, «ma poi, più che la tecnologia che è economicamente sostenibile, servono dispositivi medici e formazione: ecco i veri investimenti da fare, assieme alla buona volontà dei sistemi sanitari più evoluti di sostenere quelli meno ricchi».

Il "remote proctoring", inoltre, si presta ad altre branche chirurgiche: «Nel mio ospedale – conclude Denti – si stanno coinvolgendo, oltre ai cardiochirurghi, anche la neurochirurgia, la chirurgia generale e quella vascolare». Per non parlare delle sconfinate possibilità di impiego a livello universitario ed educativo.

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