mercoledì 29 novembre 2017
Sedici Comuni "ribelli", ricchi di fonti naturali, tengono per sé le risorse idriche senza farvi accedere gli altri 27 «fessi» (li definì così il governatore Crocetta). Che al momento sono a secco
I Comuni si fanno la guerra dell'acqua
COMMENTA E CONDIVIDI

Ad Agrigento l’acqua 24ore su 24 è un sogno ancora non realizzato. Una carenza, quella idrica, con cui questo territorio ha imparato a convivere anche nei momenti di pre-allarme, come quello di questi giorni lanciato dalla società che gestisce il servizio idrico integrato nella città dei Templi.

A fronte delle scarse precipitazioni meteorologiche e con una riduzione significativa del livello di acqua negli invasi (siamo intorno al 10-15% in meno rispetto allo scorso anno) il gestore del servizio, la "Girgenti Acque spa" ha invitato la popolazione «ad un uso responsabile della risorsa idrica evitando gli sprechi inutili in quanto tutte le fonti, gli invasi, le sorgenti, i pozzi sono interessati da siccità, e la risorsa idrica a disposizione si è significativamente ridotta». Ma la riduzione del quantitativo di acqua nelle case degli agrigentini non è dovuta soltanto alla carenza dell’oro blu ma anche alla mancata attuazione, nel territorio agrigentino, della legge Galli ed alla vetustà delle reti idriche.

I furbi, i «fessi»

Dal 2008, quando la Regione Siciliana recepì la normativa nazionale sulle disposizioni in materie di risorse idriche, la provincia di Agrigento si trova spaccata in due. La "Galli", che aveva lo scopo di superare la frammentazione delle gestioni arrivando ad una gestione unitaria, in questa porzione d’Italia non è mai stata attuata. Sedici Comuni "ribelli", ricchi di fonti naturali (come il Comune di Santo Stefano di Quisquina in cui è attivo un impianto industriale della Nestlè, autorizzato dalla Regione, in cui si imbottiglia l’acqua "Vera") continuano a detenere infatti le risorse idriche senza farvi accedere gli altri 27 Comuni «fessi» (come li ebbe a definire in un intervento pubblico l’ex governatore della Regione Siciliana, Rosario Crocetta) che hanno consegnato le reti e le fonti.

I 27 consegnatari avendo una gestione comune sono sottoposti ad un unico regime tariffario ed al controllo dell’Autorità Nazionale per le acque mentre i 16 non consegnatari hanno un loro regime tariffario ben al di sotto delle medie nazionali. Ma c’è di più: i 16 Comuni decidono, in sede di assemblea dell’Ambito territoriale, composto da entrambi gli schieramenti «ribelli» e «fessi», il regime tariffario da applicare per i 27 consegnatari, ma non per loro.

L'inerzia della Regione

E la Regione? In questi anni si è sempre schierata con i "ribelli", ponendo in essere atti amministrativi privi di forza che non hanno mai avuto rimedio effettivo, cercando di "sanare" la loro posizione fino allo stop imposto dalla Corte Costituzionale che ha cassato la riforma del settore idrico del Governo Crocetta. Ma, alla carenza fisiologica di acqua, si aggiunge quella della vetustà delle reti idriche.

Secondo Girgenti Acque, in alcuni comuni, si supera l’87% di perdite del volume idrico immesso nella rete. Tutto questo in attesa che da Palermo si dia il via libera ai progetti presentati per l’ammodernamento delle reti idriche come ad esempio quello per Agrigento, progetto risalente al 2010 e oggi bloccato per un errore di calcolo che si attende venga corretto da qualche dirigente regionale. Adesso, con il nuovo governo regionale gli agrigentini sperano in qualcosa di diverso ma soprattutto che venga ristabilita la legalità e l’uguaglianza tra i 43 comuni della Provincia.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: