venerdì 12 luglio 2019
Nonostante i processi e le proteste dei cittadini lo stabile è ancora lì, attivo da 50 anni
La fabbrica che avvelena Salerno
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C’è un’altra Ilva al Sud, che sparge i propri veleni nella città che la ospita ed è accusata di essere all’origine di un allarmante numero di tumori. Parliamo delle Fonderie Pisano di Salerno, specializzate nella fusione di ghisa. I processi a carico dell’azienda – e i relativi patteggiamenti – ormai non si contano più, così come i pronunciamenti negativi dell’Arpa Campania sul suo impatto ambientale e gli stop alla produzione imposti dalle autorità. Ma da 50 anni la fabbrica è ancora lì, nella valle dell’Irno, tra i comuni di Salerno, Baronissi e Pellezzano. Contro il colosso della ghisa hanno ingaggiato una lunga battaglia i cittadini riuniti nell’associazione Salute e Vita. Il presidente, Lorenzo Forte, presentò tre anni fa un dettagliato dossier alla procura di Salerno, nel quale vengono collegati all’inquinamento generato dalla fonderia ben 215 casi di malattie registratisi fra le persone che vivono nei pressi della fabbrica, tra cui diverse morti per tumore. Da questo dossier è nata poi un’indagine.

«Il numero delle neoplasie è sicuramente maggiore – spiega Forte –. Questi sono solo i casi che conosciamo noi. I tribunali dello Stato si sono pronunciati più volte sull'impatto ambientale delle fonderie, e così hanno fatto anche l’Arpac e l’Istituto nazionale tumori. Ma manca uno studio epidemiologico che riesca a ricostruire il nesso fra l’inquinamento generato dalla fabbrica e i numerosi casi di tumore in zona». Il pm salernitano che aveva in mano l’indagine, Roberto Penna, aveva deciso di archiviare tutto. Ma cinque giorni fa un pronunciamento del gip Alfonso Scermino ha rimesso tutto in discussione, rinviando gli atti alla procura salernitana, che avrà un altro anno per indagare a fondo nella vicenda ed «escludere che l’inquinamento delle fonderie non abbia contribuito alle morti». I magistrati salernitani dovranno avviare un vero e proprio studio epidemiologico nell’area dei tre comuni interessati dall'inquinamento prodotto dalla fabbrica.

In passato sono state effettuate solo verifiche oncologiche sui singoli casi (alcune delle quali hanno collegato il sorgere del cancro a scorretti stili di vita). «Basterebbe un confronto con i territori in cui non si registrano tali problematiche ambientali per giungere a una verità che è sotto gli occhi di tutti», osserva il presidente di Salute e Vita. I processi nei quali le Fonderie Pisano hanno patteggiato la pena per l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo hanno tenuto alta negli ultimi anni l’attenzione dell’Arpa Campania. «Numerose relazioni dell’Arpac ci dicono che l’impianto continua a perpetuare un danno acclarato all’ambiente e alla salute dei cittadini, in aperta violazione dell’autorizzazione ambientale rilasciata nel 2012.

Lo scorso autunno i giudici del Tar della Campania hanno messo nero su bianco che la mancata osservanza delle Bat (Best available technologies) da parte delle fonderie costituisce un pericolo 'esiziale' per cittadini e lavoratori». Negli anni passati i cittadini ne chiedevano la messa a norma. Oggi ne chiedono l’immediata chiusura. Sono riusciti anche a ottenerla nel 2016, quando c’è stato l’ennesimo sequestro. Ma il tribunale del Riesame annullò la decisione dei magistrati salernitani. Risultato: la fabbrica è ancora attiva, nonostante immetta monossido di carbonio in misura 13 volte maggiore rispetto ai limiti consentiti. Un recente studio della Regione ha stabilito che nell’aria e nell’Irno ben dieci metalli potenzialmente pericolosi per la salute dell’uomo superano i limiti consentiti dalla legge.

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