martedì 11 agosto 2020
Antigone: da Taranto a Latina, torna il sovraffollamento in cella «Non fermiamo i piani di riduzione della popolazione detenuta»
Il caso delle carceri "pollaio"
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Sovraffollamento, si ricomincia. Quasi svanito ormai l’effetto delle misure per contrastare il Covid-19, in carcere torna a suonare la sirena. Perché se è vero che il numero dei detenuti è leggermente calato (a fine luglio c’erano 53.619 con un rapporto tra presenze e posti ufficiali del 106%), soprattutto donne e stranieri, sono aumentati i suicidi (34, rispetto a 26 dell’intero 2019). Le celle, cioè, sono ancora troppo affollate per evitare che si trasformino in focolai, secondo Antigone, che con il suo rapporto “Il carcere alla prova della Fase 2accende un faro sulla situazione sanitaria negli istituti penitenziari. Qui a fine luglio erano detenute mille persone in più rispetto a metà maggio, mentre sarebbe necessario scendere sotto le 50mila presenze per rientrare nel margine di sicurezza. Ed è per questo che l’associazione parla di «attenuamento dell’effetto delle misure per contrastare la diffusione del coronavirus», entrate in vigore a marzo con il decreto Cura Italia e scadute il 30 giugno.

«Per evitare che le carceri siano un nuovo focolaio – sottolinea così il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella – è importante non fermarsi nelle politiche per ridurre la popolazione carceraria affinché il distanziamento fisico sia rispettato». In carcere infatti, al 7 luglio (ultimo bilancio disponibile) i casi di Covid sono stati in tutto 287, con 8 morti (4 detenuti, due poliziotti penitenziari e due medici). Per questo è l’affollamento degli istituti a preoccupare, anche se in discesa (a fine febbraio, prima della pandemia, i detenuti erano 61.230, con un tasso del 130% rispetto ai posti regolamentari), visto che continuano ad essere osservati speciali in particolare alcuni istituti “pollaio”: da Taranto, dove il sovraffollamento è del 177,8%, a Latina con il 197,4%, dove cioè le persone sono quasi il doppio dei posti disponibili. Per decongestionare e consentire un maggiore distanziamento, il governo aveva introdotto con Cura Italia modalità speciali per l’accesso alla detenzione domiciliare, e l’estensione delle licenze per i detenuti semiliberi.

Grazie a questo provvedimento durante l’emergenza 3.379 persone sono andate in detenzione domiciliare (dato al 20 maggio) e a 975 di questi è stato applicato il braccialetto elettronico. I semiliberi a cui è stata estesa la licenza sono stati invece 561. Tra le note positive, inoltre, c’è anche il dimezzamento del numero di bambini sotto i tre anni detenuti assieme alle madri: 33 al 31 luglio, erano 59 a fine febbraio. «Nella Fase 2, utilizzando ciò che la tecnologia ci permette – conclude Gonnella – bisogna riprendere all'interno delle carceri la scuola, il lavoro, lo sport: sono grandi fattori emancipativi rispetto ai rischi di devianza. È un investimento per tutti, per la sicurezza interna alle carceri ed esterna».

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