lunedì 5 ottobre 2020
la Procura della Figc indaga sull’applicazione dei protocolli da parte dei partenopei. Federazione e governo d’accordo: il campionato vada avanti con queste regole, chi ha sbagliato pagherà
Aurelio De Laurentiis e Andrea Agnelli

Aurelio De Laurentiis e Andrea Agnelli - Ansa

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Il campionato di massima serie al tempo del Covid-19 è stato ribattezzato «Serie “A”sl». E una trovata così geniale, la partita rinviata per decisione della Asl territoriale, non poteva che partorirla la “città-teatro” per antonomasia, Napoli. Nel sabato del villaggio che, fino al marzo scorso (inizio dell’era coronavirus) era anche vigilia del dì di festa calcistico, si è deciso che il Napoli di Rino Gattuso non dovesse partire per la trasferta di Torino, e quindi, rinunciare al posticipo serale di domenica contro la Juventus. Motivo: due calciatori azzurri, Elmas e Zielinski, erano risultati positivi ai tamponi anti-Covid.

A quel punto, con la solerzia di un Burioni, il cinepatron Aurelio De Laurentiis, tenendo conto della circolare del 18 giugno, in cui le Asl locali, pur nel rispetto del “Protocollo Calcio” possono optare per la richiesta di una quarantena soft (sulla base della «previsione» che si generi un possibile focolaio), ha sentenziato: il mio Napoli resta a casa. La prima squadra è rimasta sotto il Vesuvio, mentre sempre nella giornata di sabato la Primavera del Napoli ha giocato a Lecce, perdendo 4-1. Misteri del pallone sotto Covid. Decisione contestata quella di De Laurentiis, in primis dalla Juventus del presidente Andrea Agnelli («il Napoli mi ha chiesto di rinviare la partita, ma esistono delle regole che vanno rispettate») e anche da gran parte dell’opinione pubblica. Perché d’accordo che la cautela non è mai ai massimi livelli, però l’impressione è che De Laurentiis – come spesso gli capita – abbia voluto alzare il tiro e giocare il ruolo del bastian contrario a tutti i costi, con tanto di ricetta rilasciata dal medico di base. Gattuso sabato aveva a disposizione tutta la rosa, tranne i due positivi, e il “Protocollo Calcio” parla dell’idoneità a scendere in campo se si hanno in organico almeno 13 giocatori sani, perciò abili e convocabili.


Cosa prevede il protocollo?
Secondo la Lega Calcio, il protocollo prevede regole certe e non derogabili, che consentono la disputa delle partite di campionato pur in caso di positività, schierando i calciatori risultati negativi agli esami effettuati. Casi di positività plurime possono portare al rinvio di gare solo al verificarsi di determinate condizioni. L’annullamento del match di Torino domenica sera di fatto ha aperto un confronto sulla necessità di modificare il protocollo.

Perché il Napoli non si è presentato?
Perché dopo la positività di due giocatori, la Asl Napoli 2 Nord ha disposto l’isolamento domiciliare per tutti i calciatori venuti a contatto con i positivi. Il club ha poi chiesto ulteriori chiarimenti e la Asl locale ha ribadito il divieto di mettersi in viaggio per la partita con la Juventus.

Qual è la posizione della Juventus?
Secondo la Juventus, che si è presentata regolarmente all’incontro, c’è un protocollo che va rispettato e che dice che in presenza di un giocatore infetto, la squadra coinvolta si deve chiudere in una bolla.

Con quale frequenza vanno fatti i tamponi?
Il protocollo prevede tamponi periodici nell’arco di tutta la settimana. In particolare va fatto un tampone 48 ore prima della gara e chi risulta negativo può giocare. In caso di caso di positività, il giocatore si isola e passa sotto l’egida dell’Asl: scattano così 14 giorni di quarantena ed è necessario un doppio tampone prima di tornare nel "gruppo squadra". Per il resto della squadra, nello stesso tempo, si eseguono tamponi ogni 24 ore per 14 giorni, con i calciatori negativi che escono dal ritiro solo per andare a giocare.

Cosa dicono le regole Uefa adottate in Italia?
Sostengono che una squadra può scendere in campo se ha almeno 13 giocatori disponibili. È prevista anche un’eccezione, valida una sola volta in campionato, per cui se in una squadra ci sono 10 o più giocatori contagiati, la stessa squadra avrà la facoltà di chiedere il posticipo della partita. La medesima norma si applicherà una sola volta in Coppa Italia ma esclusivamente nelle sfide di semifinale o in finale.

E poi, in settimana il club partenopeo non ha mica registrato gli ostativi «10 casi» di positività tra i suoi tesserati. C’è inoltre il precedente che “squalifica” ancor più la decisione drastica di Asl e Napoli, il fatto che gli uomini di Gattuso nel turno precedente erano scesi comunque in campo contro il Genoa (vincendo 6-0), con gli avversari che avevano lasciato a casa due calciatori positivi al coronavirus. Premesso che, in un contesto generale, così desolatamente vuoto e sanitariamente precario, verrebbe la tentazione di sospendere i campionati (tutti) a tempo indeterminato, il mondo del calcio, per portare a termine la stagione, deve continuare ad attenersi alle normative della Federcalcio e della Lega Serie A che, in materia “calcio e Covid”, sono state quanto mai esplicite, e in sintonia con il resto d’Europa, chiedendo che «the show must go on».

Legittima, sul piano sportivo, è quindi la volontà della Juventus che, domenica sera alle 20.45, si è trovata in uno Stadium, ancora più deserto e surreale del solito, a dover giocare da sola e quindi «da regolamento chiede il 3-0 a tavolino. Intanto la Procura della Figc ha aperto un’inchiesta sull’applicazione dei protocolli sanitari da parte del Napoli, ma si è presa qualche giorno in più per dipanare una matassa quanto mai intricata. De Laurentiis direttamente dal “rione Sanità” scrive una lettera di suo pugno al ministro della Salute, Roberto Speranza, e a quello dello Sport, Vincenzo Spadafora, ricordando al Paese tutto, juventino e non, che «il mancato rinvio per la disputa della partita rappresenterebbe la sconfitta di tutti». Nella missiva, il cinepatron allega dossier con i pronunciamenti Asl, avvalendosi anche del freschissimo “precedente”: il rinvio in serie C della partita Palermo-Potenza, per la positività di due calciatori del club lucano.

Ieri il ministro Spadafora ha fatto il punto con i vertici di Lega di A e della Federcalcio invitandoli a «mantenere valido il protocollo, ma con il massimo rigore». Il n.1 della Figc Gabriele Gravina rassicura: «Siamo convinti che il campionato debba andare avanti, sapendo che dobbiamo essere molto responsabili e lungimiranti». Il ministro Speranza invece domenica in pieno caos della «Serie “A”sl aveva invocato «un po’ meno calcio e un po’ più scuola» e ieri la sua sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, intervenuta in diretta a <+CORSIVO50>InBlu Radio<+TONDO50> ha ribadito: «Juventus-Napoli? È stata semplicemente applicata una legge. La Asl aveva titolo perché lo stabilisce il protocollo. Mi ritrovo nelle parole del ministro Speranza: parliamo meno di stadi e di più sicurezza nella scuola e nei luoghi di lavoro». Nella Repubblica fondata sul pallone non poteva certo mancare la classica interrogazione parlamentare. A chiederla al ministero della Salute è il deputato dei 5 Stelle Luigi Iovino: «La salute viene prima di tutto. La Juventus non speculi sulla salute – attacca il poco neutrale (sospettiamo) onorevole Iovino – , la partita andava rinviata perché non c’erano le condizioni di sicurezza sanitaria per disputare il match». Siamo al primo round di un match che continua, e come in era pre-Covid, si disputa in sedi assai distanti dai campi di calcio.

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