domenica 24 luglio 2016
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«Qualcuno ancora oggi pensa che con gli incendi si può interrompere questa onda. Noi rispondiamo che è impossibile, non ci possono fermare. Ormai le Terre di don Diana sono nate». Parla chiaro, anche se la voce è incrinata dall’emozione, Valerio Taglione, coordinatore del Comitato don Peppe Diana. Parla a Maiano di Sessa Aurunca dove il 6 luglio un incendio doloso ha distrutto 4 ettari di frutteto della cooperativa 'Al di là dei sogni', che dà una nuova vita a persone in stato di disagio psichico coltivando terreni confiscati alla camorra. L’ultima intimidazione di un lungo elenco che ha colpito cooperative ma anche gruppi scout, in Campania come in Calabria.

Oggi sono tutti qui, e al loro fianco sindacati come la Cisl e organizzazioni agricole come la Cia, istituzioni, forze dell’ordine. Per dire che le mafie anche questa volta hanno fatto male i loro conti. L’occasione è la tappa del Festival dell’impegno civile, promosso dal Comitato e da Libera Caserta, con Avvenire come media partner. «Siamo una rete che partendo dalla morte di don Peppe Diana ha creato le Terre di Don Peppe Diana, costruendo sviluppo in modo alternativo alla camorra». Non sono solo parole quelle di Simmaco Perillo, presidente della cooperativa che opera su un bene confiscato intitolato a Alberto Varone, vittima innocente della camorra, ucciso 25 anni fa, il 24 luglio 1991 per essersi opposto alle richieste del clan. Un nome presto dimenticato. Così il Comitato don Diana chiede alla nuova amministrazione comunale di Sessa Aurunca di deliberare la cittadinanza onoraria per la moglie, che allora dovette addirittura abbandonare il paese, portando via il feretro del marito. «Adesione immediata e convinta» risponde il sindaco Silvio Sasso. Un importante risarcimento per Alberto Varone, piccolo imprenditore e volontario che la domenica distribuiva Avvenire in parrocchia. Davvero, come sottolinea Renato Natale, sindaco di Casal di Principe e amico di don Diana, «chi ha appiccato l’incendio è uno scemo. Ogni volta che lo fanno ci fanno solo pubblicità e il movimento cresce».

 Ne è convinto anche Tonino Picascia, imprenditore di Sessa Aurunca al quale proprio nella notte tra il 23 e il 24 luglio 2015 hanno incendiato l’azienda. «Un anno fa eravamo morti ma da 'pazzi' quali siamo abbiamo deciso che non dovevamo morire. Facciamo ancora gli imprenditori, anzi raddoppiamo». A un mese fa risale, invece, il grave danneggiamento, il sesto, della sede del gruppo scout Agesci Benevento 3, «unica realtà per i giovani nel problematico quartiere di Capo di Monte», ci spiega la capo Fuoco, Sara Scuderi. «I ragazzi 'difficili' ci chiamano, 'i guapp ’e cartone' una sorta di don Chisciotte, ma evidentemente abbiamo sensibilizzato le coscienze e dato fastidio», aggiunge Sara sottolineando «la macchina della solidarietà che si è innescata è stata la cosa più bella». Come quella che si tocca con mano a Sessa Aurunca dove ci sono anche i ragazzi della parrocchia di Caivano di don Maurizio Patriciello. Sono qui per capire cosa sia un bene confiscato e per fare esperienza di campo di lavoro. «Sono entusiasti» dice il parroco del Parco Verde, che però rivela anche una vicenda preoccupante. «Pochi giorni fa il boss del quartiere stava facendo mettere delle telecamere all’interno della parrocchia. Ma lo abbiamo scoperto e denunciato. Noi non ci arrendiamo - avverte -, noi ci siamo. E siamo tanti. Di camorra e camorristi abbiamo le tasche piene». Davvero come ripete Valerio, «dopo 22 anni dalla morte di don Peppe siamo sempre più uniti. Si può fare. Questi delinquenti ci hanno dato di nuovo il coraggio delle nostre scelte».

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