giovedì 31 marzo 2016
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ROMA Quando fu ritrovato il corpo di Giulio Regeni, al Cairo era in corso la missione italiana guidata dal ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi. Con lei i rappresentanti di Sace e Simest (società che assicurano e supportano le aziende all’estero) e una sessantina di grandi imprese accorse a valutare nuove possibilità di investimento e a firmare accordi di partnership. Una missione bruscamente interrotta alla notizia dell’uccisione del giovane ricercatore italiano. È un particolare ben noto, ma è opportuno ricordarlo quando si parla delle relazioni economiche tra l’Italia e il più grande Paese della sponda sud del Mediterraneo e di quanto il peso degli «affari» possa influire sulle richieste di Roma di ottenere verità e giustizia per il barbaro omicidio del ricercatore italiano. In Egitto infatti c’è prima di tutto l’Eni con i suoi investimenti miliardari e il super- giacimento di Zhor, 850 miliardi di metri cubi di gas scoperti l’estate scorsa e sufficienti a soddisfare per anni buona parte del fabbisogno egiziano. Ma nel Paese già operano altre 130 imprese tricolori, tra cui molti big come Edison, Pirelli, Italcementi, Intesa Sanpaolo, Caltagirone. L’interscambio con l’Egitto supera i 5 miliardi di euro e l’Italia è il secondo partner commerciale europeo. Nel 2014 il Cairo ha importato merci tricolori per poco meno di 3 miliardi, soprattutto macchinari industriali. La maggior parte dell’export egiziano verso di noi è rappresentato invece dai prodotti energetici e, negli ultimi anni, anche dai prodotti agricoli. Con i grandi progetti di investimento previsti dal governo del Cairo per nuove infrastrutture e insediamenti industriali la presenza italiana può crescere ancora. Per questo l’Italia ha buone carte da giocare nella delicata partita diplomatica sul caso Regeni. La vicenda ha avuto immediate ripercussioni anche sull’afflusso turistico italiano verso il grande Paese africano, già duramente colpito dopo lo schianto a ottobre nel Sinai dell’aereo carico di turisti russi. Nella prima metà di febbraio si contavano un migliaio di presenze italiana tra Sharm e Marsa Alam, a fronte degli oltre 12mila di dicembre e dei 34mila di un anno prima. Per ora la Farnesina invita alla massima prudenza in caso di viaggi in Egitto senza mettere il Paese nella lista nera delle destinazioni. Ma potrebbe farlo. Il governo egiziano ha quindi tutto l’interesse a collaborare e recuperare un’immagine più presentabile sul piano internazionale, specie dopo che anche il New York Timesha denunciato l’escalation di repressione e omicidi nel Paese africano. Il peso dei rapporti economici con l’Egitto può permettere a Roma di farsi sentire al Cairo. Per la stessa ragione però la corda sarà tirata ma si cercherà di non spezzarla. Un peggioramento delle relazioni costerebbe caro anche all’Italia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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