venerdì 3 febbraio 2017
Dichiarazioni anticipate e nutrizione: ecco i punti caldi della legge
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Il testo Il disegno di legge «Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari», attualmente in discussione alla Commissione Affari sociali della Camera, è il frutto della sintesi tra 15 progetti sulla stessa materia di orientamento assai diverso tra loro: da quelli che contemplano apertamente la legalizzazione dell’eutanasia ad altri che formulano invece regole di piena garanzia per la vita umana più fragile. Il risultato è un testo necessariamente di compromesso, con formule che però ancora lo fanno pendere verso l’accettazione di scelte eutanasiche o suicidarie.

Il percorso Il testo base sul quale è in corso un serrato confronto è stato varato il 7 dicembre, l’11 gennaio poi l’improvvisa accelerazione con la decisione della conferenza dei capigruppo di inserire la discussione della legge nel calendario d’aula della Camera il 30 gennaio. La presentazione di oltre 3mila emendamenti – poi ridotti a un decimo – ha però subito reso chiaro che l’esame di un testo tanto complesso e delicato avrebbe richiesto molto più tempo. Di qui la decisione, su iniziativa del presidente della Commissione Mario Marazziti, di spostare al 20 febbraio il dibattito in assemblea sul disegno di legge che ha per relatrice Donata Lenzi (Pd). Tre settimane in più. Ma il faticoso confronto sta mostrando che il tempo potrebbe comunque non bastare. E col calendario d’aula che non consente ritardi – c’è la legge elettorale a fine mese – si rischia di non avere il tempo per studiare soluzioni condivise sui punti più discussi.

La nutrizione assistita Il primo punto controverso è «il diritto di accettare o rifiutare qualsiasi trattamento sanitario indicato dal medico», con la possibilità di «revocare in qualsiasi momento il consenso prestato, anche quando la revoca comporti l’interruzione del trattamento, ivi incluse la nutrizione e l’idratazione artificiali». È il comma 5 dell’articolo 1, passaggio-chiave della legge (poi replicato all’articolo 3 comma 1) sul quale non a caso mercoledì e ieri in Commissione s’è registrato il muro contro muro. I numeri non lasciano dubbi: c’è una larga maggioranza (Pd-M5S-Sinistra italiana) favorevole a considerare cibo e acqua come terapie, e dunque sospendibili in ogni momento. Ma la partita è ancora aperta: non è interesse di nessuno varare una legge divisiva su un tema nevralgico che riguarda tutti i cittadini.

Le «Dat» vincolanti Altro nodo da sciogliere, non ancora affrontato, è quello creato dalla definizione del documento contenente le volontà di fine vita (le «Dichiarazioni anticipate di trattamento») cui viene attribuito valore vincolante. Al comma 7 dell’articolo 1 si legge che «il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale». Un dettato che crea evidenti problemi: trasforma il medico in notaio; lo autorizza a compiere pratiche non meglio precisate (ma immaginabili) oggi vietate e punite dalla legge; non prevede margini per l’obiezione di coscienza.

La «tutela della vita» L’impegno dei parlamentari che in Commissione stanno tentando di correggere il testo a forza di emendamenti, il lavoro di cucitura del presidente Marazziti (al quale ieri è stato bocciato dopo una battaglia di tre ore un emendamento sull’interruzione dei trattamenti che mirava a circoscriverne l’impatto) e lo sforzo della relatrice Lenzi di riformulare alcune richieste di variazione in modo da convogliare sulla legge un consenso più ampio hanno fatto sì che in due punti (il primo comma sia dell’articolo 1 che del 2) si inserisse la «tutela della vita» come criterio ispiratore della legge e, poi, obiettivo nel consenso informato espresso da genitori o tutore dei minori o incapaci. Un duplice e importante riconoscimento. Ma la previsione generale del principio deve sostanziarsi di scelte normative coerenti: diversamente è destinata a restare lettera morta.

Le «disposizioni» Un’incoerenza del testo destinata con ogni probabilità a essere corretta in Commissione è quella che vede le «dichiarazioni» previste nel titolo della legge diventare all’articolo 3 «disposizioni anticipate di trattamento», a conferma dell’intento prescrittivo. I medici dovrebbero seguire con grande attenzione il percorso di questa legge: lo Stato li vuole notai col camice?

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