domenica 14 luglio 2019
I giudici mantengono fermo il reato di aiuto al suicidio. Ma delle quattro proposte di legge depositate, tre puntano a "sdoganare" l'eutanasia
Eutanasia, ecco i paletti della Consulta. E i tentativi di forzarli
COMMENTA E CONDIVIDI

Tre proposte di legge fortemente eutanasiche, una più tecnica e moderata: così ha finora risposto la Camera all’invito della Corte Costituzionale, che lo scorso ottobre - nell’ambito della questione di legittimità dell’articolo 580 del codice penale, che punisce sempre e comunque chi aiuta una persona nell’atto del suicidio - ha chiesto al Parlamento di modificare entro il prossimo 24 settembre la disciplina del fine vita.

Secondo la Consulta, ora, vi sarebbe una discriminazione di fondo: mentre una persona tenuta in vita con idratazione e alimentazione assistite può esigere - secondo quanto prevede la legge sulle Dat (Disposizioni anticipate di trattamento) il distacco di questi sostegni vitali, a un malato grave che non dipende dal sondino nasogastrico è preclusa la possibilità di decidere la propria morte (perché, in ogni caso, la legge sul biotestamento non consente atti medici finalizzati a provocare la morte, per esempio un’iniezione letale). In più, notano i giudici costituzionali, non è corretto che l’articolo 580 del codice penale punisca nello stesso modo sia chi aiuta un paziente terminale a farla finita, sia chi uccide una persona fragile, magari per interesse personale.

Da qui, l’invito affinché le Camere rimuovano queste problematiche. Ma attenzione: con dei paletti. È la Corte stessa, nella propria ordinanza anticipata il 24 ottobre ma ufficialmente depositata nei primi giorni di novembre, ad aver precisato che, in ogni caso, il reato di aiuto al suicidio deve rimanere, perché presidio a tutela del 'bene vita' per le persone più deboli. Solo, dovrebbe considerare in modo più benevolo il caso di persone vicine a pazienti sofferenti che, su loro richiesta, li aiutano a morire anzitempo. E in ogni caso, si legge sempre nell’ordinanza, prerequisito dovrebbe essere il previo inserimento (ed, evidentemente, il fallimento) del malato in un percorso di cure palliative.

Delle quattro proposte di legge oggi in discussione, però, solo una miscela queste indicazioni: è quella di Alessandro Pagano (Lega), che prevede una riduzione della pena per chi aiuta a morire parenti prossimi, gravemente sofferenti, prevedendo nel contempo un rafforzamento delle cure palliative. Gli altri tre testi in discussione, invece, si preoccupano solo di sdoganare sempre e comunque l’eutanasia: tra questi, la proposta di legge d’iniziativa popolare, promossa nel 2013 dall’Associazione radicale Luca Coscioni, affiancata da quella di Andrea Cecconi (Gruppo Misto), Doriana Sarli (M5S) e Michela Rostan (Leu).

TUTTI GLI ARTICOLI SUL FINE VITA

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI