martedì 17 luglio 2018
Gli 8mila contratti in meno all’anno indicati dall'Inps secondo l'ex commissario alla spending review sono una stima prudente. "L'occupazione non si fa per decreto, bisogna far crescere il Paese".
Il professor Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui Conti pubblici dell'università Cattolica (Ansa)

Il professor Carlo Cottarelli, direttore dell'Osservatorio sui Conti pubblici dell'università Cattolica (Ansa)

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Per creare nuova occupazione (soprattutto) giovanile i vincoli inseriti nel decreto dignità non sono sufficienti. Anzi rischiano di diventare un boomerang. Il professor Carlo Cottarelli, oggi direttore dell’Osservatorio sui Conti pubblici dell’Università Cattolica, ex-commissario straordinario alla Spending review, indicato da Mattarella come alternativa 'tecnica' al premier Conte, è convinto che la pietra dello scandalo, vale a gli 8mila contratti in meno ogni anno, siano in realtà una «stima molto bassa», prudente e poco 'impattante' sull’occupazione in generale. Ma che il problema sia un altro: l’indipendenza dei tecnici dalla politica e le riforme necessarie per far correre l’economia. Perché il lavoro non «si crea per decreto».

Professore, facciamo un po’ di chiarezza, 8mila contratti (stime Inps, ndr) in meno rispetto a cosa?
Si tratta di una stima che non è stata fatta in modo scientifico. Il presidente dell’Inps Tito Boeri ha parlato di 80mila contratti a termine con durata superiore ai 24 mesi. Di questi un 10% potrebbe non essere rinnovato con le nuove regole. Il punto è che questo numero non è stato inserito all’ultimo momento come sostiene il M5S, ma evidentemente qualcuno non aveva letto la relazione tecnica.

È un problema di mancanza di fiducia o di comunicazione?

La vicenda degli 8mila contratti pone un problema più generale di indipendenza dei tecnici. Cosa succederà quando si arriverà alla Legge di bilancio? Chi farà le stime sugli effetti della flat-tax sull’economia italiana? É un compito che spetta ai tecnici, dalla Ragioneria di Stato all’Ufficio parlamentare di Bilancio. Il loro parere sull’effetto e sul costo di ogni provvedimento va accettato anche se non va nella direzione che ci si aspettava. Va tutelata la loro indipendenza, bisogna stare molto attenti a non superare il limite, altrimenti si perde credibilità.

Entrando nel merito il decreto Dignità prevede una stretta sul numero
di contratti a termine, sulla durata e sui contributi. Servirà a spingere l’acceleratore sulle assunzioni?
Difficile dirlo. L’imprenditore deciderà a seconda delle sue necessità e previsioni di business se assumere il lavoratore dopo 24 mesi o fare il contratto ad un’altra persona. Non credo che ci sarà un effetto enorme né in positivo né in negativo. Quando si pongono dei vincoli però è normale aspettarsi una contrazione, detto questo non vedo questo decreto come un disastro nazionale.

Ma il governo vuole tutelare i giovani, creare occupazione 'stabile'.
L’occupazione non si crea per decreto. Bisogna far crescere l’economia del Paese con un mix di misu- re. Vale a dire la riduzione della burocrazia, la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, la riduzione dei tempi della giustizia civile. Ma anche una scuola pubblica più efficiente e soprattutto una riduzione del debito pubblico.

Le previsioni di crescita per i prossimi anni segnalano in effetti una frenata, come si recupera?

Il nostro Paese deve crescere di più e in maniera più stabile. Solo così si creano le condizioni per creare più occupazione. Dobbiamo diventare più attrattivi nei confronti degli investimenti privati. La nostra economia è basata sulle esportazioni, dobbiamo riuscire a sottrarre una quota di mercato ai nostri principali concorrenti, a partire dalla Germania.

Un altro dei temi caldi è quello delle pensioni. Anche su questo punto governo e presidente dell’Inps sono su posizioni diametralmente opposte.
Una riforma delle pensioni renderebbe ancora più precario lo stato dell’economia italiana. Non è detto che anticipando l’età pensionistica si crei immediatamente nuova occupazione perché anche in questo caso l’imprenditore sarebbe libero di non sostituire le risorse in uscita. Aumentare il deficit pubblico per pagare più pensioni è una strategia pericolosa.

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