martedì 28 dicembre 2010
Rese note le motivazioni della condanna a 14 anni del generale comandante del Ros dei Cara­binieri. Che ribadisce: la mia fu solo una tattica investigativa. Le irre­golarità in operazioni anti­droga condotte negli anni ’90 sarebbero state com­messe da un piccolo grup­po all’interno del reparto speciale dell’Arma.
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«Spinto dalla sua smisurata am­bizione », ali­mentata da una «preoccu­pante personalità», il gene­rale Giampaolo Ganzer, co­mandante del Ros dei Cara­binieri, avrebbe consentito «che numerosi trafficanti (...) fossero messi in condi­zioni di vendere la droga in Italia con la collaborazione dei militari e intascarne i proventi, con la garanzia dell’assoluta impunità». So­no parole contenute nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici del Tribu­nale di Milano spiegano la decisione di condannare, il 12 luglio scorso, il capo del Ros a 14 anni di reclusione. «Il generale Ganzer non ha minimamente esitato – si legge nelle oltre mille pagi­ne di sentenza – a fare ri­corso a operazioni basate su un metodo assolutamente contrario alla legge, ripro­mettendosi dalle stesse ri­sultati di immagine straor­dinari per sé e per il suo re­parto ». I militari riuscivano cioè ad «arrestare traffican­ti di sostanze stupefacenti» dopo averli indotti «ad ac­quistare a prezzi conve­nienti ingenti quantitativi di dette sostanze». Un «meto­do » che al contrario l’uffi­ciale rivendica come legale ed efficace. Nel corso di u­na delle ultime udienze Ganzer lo aveva ribadito: «Questo è il mio metodo di lavoro, un metodo che ho sempre prescritto, fatto di attività strumentali, indagi­ni antiriciclaggio e attività sotto copertura. È stato ed è un metodo corretto». Tatti­ca investigativa, secondo il comandante del Ros, in li­nea con la legge e che ha portato a risultati «di rilievo assoluto». Dall’inizio del processo, cinque anni fa, 56 sono i latitanti arrestati dal Ros, con sequestri di droga e di beni per quasi 2 miliar­di e mezzo di euro. Pur non avendo ottenuto la concessione di alcuna atte­nuante, l’alto ufficiale non è stato condannato per il reato di «associazione a de­linquere », aspetto che inde­bolisce la ricostruzione ac­cusatoria. Le presunte irre­golarità in operazioni anti­droga condotte negli anni ’90 sarebbero state com­messe da un piccolo grup­po all’interno del reparto speciale dell’Arma. Oltre a Ganzer, sono infatti state condannate altre 13 perso­ne, a pene dai 18 anni in giù, tra cui anche il generale Mauro Obinu (ora ai servi­zi segreti) e altri ex sottuffi­ciali dell’Arma. L’accusa a­veva chiesto per Ganzer 27 anni di carcere, ma i giudi­ci lo avevano assolto dal­l’imputazione di associa­zione per delinquere, con­dannandolo per episodi singoli. Lo scopo delle operazioni attribuite dall’accusa al Ros e riconosciute per ora in pri­mo grado, contro cui i lega­li hanno già preannunciato ricorso in corte d’appello, anche secondo i giudici era esclusivamente quello di realizzare clamorosi colpi investigativi. Non vi è stata, si legge ancora, «neanche u­na suddivisione dei ruoli tra gli imputati, diversa da quella esistente nell’ambi­to militare e in qualche mo­do funzionale alla commis­sione dei delitti di cui trat­tasi, e pertanto neppure sot­to questo aspetto può dirsi che gli imputati abbiano co­stituito una autonoma struttura funzionale all’at­tuazione di un programma criminoso».
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