mercoledì 15 marzo 2017
Perseguitavano un coetaneo più debole, con atti di violenza e sopraffazione: arrestati quattro 15enni. La psicologa Maria Rita Parsi: è la cecità degli adulti che colpisce
Giovani milanesi in una foto d'archivio di Fotogramma

Giovani milanesi in una foto d'archivio di Fotogramma

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A Vigevano una baby-gang di bulli 15enni ha terrorizzato a lungo un coetaneo, oggetto di una vera e propria persecuzione, con violenze fisiche e umiliazioni riprese con i telefonini e fatte circolare sui social. L'inchiesta si è conclusa ieri con l'arresto di tre 15enni e un 16enne. Il vescovo della cittadina, Maurizio Gervasoni, ha parlato di «un segnale di indebolimento di civiltà» di fronte al quale occorre una riflessione approfondita per «tentare di individuare correttivi efficaci». «Dobbiamo prendere coscienza - ha aggiunto il vescovo - di un problema educativo grave che attraversa sempre più la nostra società».


La psicologa Maria Rita Parsi parla dei fatti di Vigevano come di una «cartina tornasole»: da una parte la «globalizzazione della violenza», con le vessazioni, gli abusi, l’orrore che non bastano più, «bisogna distribuirne gli effetti», generalizzarli, renderli pubblici. E lo si fa utilizzando il web, i social, le chat. Dall’altra lo sgomento per il fatto che simile violenza, così urlata e messa in piazza, «non venga intercettata dalle agenzie educative di riferimento, dalle famiglie, dalla scuola, dalle autorità».

Cosa intende?

C’è nelle modalità incredibili di queste violenze, nell’assenza di ritegno nella condotta di questi ragazzi, tutta l’assenza che la nostra società sta vivendo di punti di riferimento. Di più, questa baby gang ha agito indisturbata per mesi nella totale indifferenza di chi avrebbe dovuto invece intercettare quanto avveniva. Siamo innanzi a una vittima, anche, che non ha avuto fiducia in nessuno, che non ha trovato dove chiedere aiuto nonostante tutto quello che gli stava accadendo.

Questo racconta di un mondo adulto incapace di approcciarsi a quello dei giovani?

Questo a mio avviso racconta principalmente di una voragine nella scuola. Quel luogo che dovrebbe accogliere i nostri figli, accompagnarli, educarli a crescere, permette invece di nuovo che avvengano episodi come quello di Vigevano. E poi c’è il capitolo famiglia, così desolante: con le fragilità, la disgregazione, il disinteresse che domina soprattutto nelle case dei benestanti. Tutti elementi che finiscono con l’incarnarsi in queste condotte.

Che fare?

Ricominciare da capo, ricostruire le basi di una società che per prima – nella sua struttura, nei suoi messaggi – non è capace di offrire esempi costruttivi ai giovani. Se non vogliamo trovarci tutte le volte che accadono episodi simili nella situazione di dover capire come siamo arrivati a questo punto, di domandarci "come è possibile che sia successo?", prima che questo succeda dobbiamo esserci, con l’esempio, l’ascolto, la costruzione positiva della quotidianità. Questo impegno ci interpella tutti e tutti ci vede responsabili.

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