sabato 11 luglio 2020
Il governatore : dare respiro alle famiglie, tenendo i clan lontani da chi è in difficoltà. Gualzetti (Caritas): vogliono sequestrare la vita delle persone
De Luca: «Barbarie. Ma non siete soli»
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Usa una parola, «barbarie », il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, quando commenta la notizia pubblicata da Avvenire sui figli dati in pegno agli usurai. «Ho letto in queste ore una notizia che riguarda una realtà campana, non so se risponda al vero, ma dal punto di vista della diffusione dell’usura in Campania siamo arrivati al punto, così pare, che alcune persone che vanno sotto usura, come restituzione del prestito, offrono bambini e bambine per il lavoro nero. Siamo davvero alla barbarie» spiega nel corso di una diretta su Facebook. Il giorno dopo, la denuncia choc del presidente della Camera di Commercio di Caserta, Tommaso De Simone, ha fatto «sobbalzare dalla sedia anche i volontari delle 32 Fondazioni antiusura che da oltre 25 anni operano su tutto il territorio nazionale» sottolineano dalla Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II. La verità, spiega Luciano Gualzetti, presidente di Caritas ambrosiana e della Fondazione San Bernardino, è che «il Covid ha esasperato fragilità che già esistevano, allargando le condizioni favorevoli alla diffusione dell’usura».

Un’emergenza nazionale Visto da Nord, lo scenario di un possibile ricatto generazionale destinato a perpetrare in eterno il rapporto tra l’usuraio e la vittima, preoccupa soprattutto per la capacità della criminalità di offrire «denaro facile a piccoli imprenditori che non riescono ad accedere al credito legale. Ma è chiaro che sullo sfondo si intravede un altro obiettivo: quello di penetrare un territorio già indebolito dal virus, mettendo sul lastrico per decenni intere famiglie». In Campania, una delle Regioni più colpite dal fenomeno, «si rischia di andare sotto usura per 500 euro di prestito – ha ricordato De Luca –. Questa è una delle ragioni per le quali abbiamo fatto sforzi eccezionali. Stiamo cercando non solo di dare respiro alle famiglie e alle imprese ma anche di evitare che la delinquenza organizzata sfruttando difficoltà di queste settimane e di questi mesi possa rialzare la testa e mettere le mani su interi settori economici». Il ricatto odioso dei figli dati in pegno agli strozzini completa una casistica drammatica, ri- cordata dalle tante associazioni che affiancano e aiutano migliaia di persone in difficoltà da sempre. «Le vittime di usura si sono vendute gli organi, hanno fatto prostituire mogli e figli, si sono date fuoco, si sono lanciate dai piani alti delle abitazioni, hanno ingerito sostanze mortali, tante sono morte di crepacuore e per paure di minacce personali, familiari e aziendali» spiegano dalla Consulta.

Le risposte che mancano Per questo, monsignor Alberto D’Urso, presidente della Fondazione antiusura, rilancia «le proposte di dialogo e collaborazione al mondo della politica, delle istituzioni e del volontariato, per contribuire alla lotta contro l’usura e a combattere la povertà e costruire un sistema economico più equo e solidale. Siamo ora al momento dell’azione: non si resti più indifferenti ». Anche Caritas ha confermato che è raddoppiato il numero delle persone che per la prima volta si rivolgono ai centri di ascolto e agli sportelli diocesani: è cresciuta la richiesta di beni di prima necessità, cibo, viveri e pasti a domicilio, ma anche la domanda di aiuti economici per il pagamento delle bollette, degli affitti e delle spese per la gestione della casa. Associazioni e categorie, del mondo ecclesiale e non, da tempo alzano la voce nel silenzio generale. «Tanti non sanno come difendersi, si rivolgono a persone che considerano fidate e non si accorgono di essere entrati in un giro più grande. È solo quando spuntano le prime minacce ai familiari, che di solito si accende una luce» dice Gualzetti. Gli strumenti non mancano, ma spesso sono poco conosciuti. «Ciò che racconta la vicenda di Caserta – aggiunge – è che l’obiettivo di molte persone spregiudicate, quando non addirittura delle mafie, è sequestrarti la vita, non solo un’impresa. Ma le persone sotto schiaffo devono sapere che, se si usano strumenti disumani e nascosti per le intimidazioni, allo stesso modo esistono comunità e istituzioni al loro fianco, che vogliono fermare tutto questo».

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