sabato 22 agosto 2015
Fissate per il 25 agosto la riesumazione e l’autopsia della raccoglitrice d’uva.
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Sulla morte di Paola Clemente, la 49enne bracciante deceduta nei vigneti delle campagne andriesi, si è aperto un vero e proprio caso giudiziario. Tra i loschi contorni del caporalato si annidano ancora domande senza risposte, dubbi, inquietanti retroscena che l’autopsia dovrebbe contribuire a chiarire. Il sostituto procuratore della Repubblica del tribunale di Trani, Alessandro Pesce, titolare dell’inchiesta, ha disposto per il 25 agosto la riesumazione del corpo della donna che sarà sottoposto all’esame autoptico nel cimitero di Crispiano (in provincia di Taranto). L’incarico di eseguire l’analisi è stato conferito ai periti Alessandro Dell’Erba (medico legale) e Roberto Gagliano Candela (tossicologo forense) dell’Università degli studi di Bari. Il pm ha posto alcuni quesiti importanti ai fini dell’indagine: accertare l’orario della morte, avvenuta il 13 luglio scorso, ma anche le cause e i mezzi che la determinarono specificando se il «decesso sia eziologicamente riconducibile, anche in termini concausali, a condotte omissive». In altre parole se sia stato provocato da agenti tossici esogeni, nel caso specifico i fitofarmaci utilizzati in agricoltura, tali da aver avuto possibili effetti devastanti sull’organismo. La famiglia di Paola Clemente si è costituita formalmente nel procedimento nominando come proprio consulente per l’autopsia il medico legale Biagio Solarino.  Ma c’è anche un altro aspetto parallelo su cui la magistratura tranese sta cercando di fare luce, cioè se per Paola Clemente fosse stato presentato regolarmente il certificato medico prima dell’assunzione. Sembra che la donna avesse un regolare contratto con un’agenzia interinale di Bari, sulla quale sono ora in corso accertamenti. Le verifiche vengono eseguite dal commissariato di polizia di Andria e dal Servizio prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro della Asl Bat (Barletta Andria Trani). Sono indagati fino a questo momento, per omicidio colposo e omissione di soccorso, il tarantino Ciro Grassi, l’autista del mezzo che ha portato i braccianti nelle campagne di Andria, e Luigi Terrone, amministratore delegato dell’azienda Ortofrutta Meridionale con sede legale a Corato (Bari), in cui operava la donna che poi ha accusato il malore fatale mentre era dedita all’acinellatura dell’uva. Entrambi in vista dell’autopsia nomineranno i loro periti. Nel corso dell’indagine saranno anche ascoltati gli altri braccianti che il 13 luglio scorso stavano lavorando assieme ad Andria.  Il fenomeno del caporalato, tornato prepotentemente alla ribalta, ancora una volta ha riproposto uno scenario allarmante. Condizioni il più delle volte improbe in cui vivono, soltanto in Puglia, oltre 40.000 lavoratrici vittime di intermediazione di manodopera, sfruttamento e violazioni contrattuali. Anche per questo, ieri, blitz anti-caporalato sono scattati in molte aree del Mezzogiorno: 37 lavoratori in nero su 116 presenti (tra italiani e stranieri) sono stati scoperti nel Catanese dai carabinieri. Elevate sanzioni amministrative per 227.666 euro. Analoga operazione nel Casertano: 29 lavoratori sono stati trovati senza contratto. Le forze dell’ordine hanno elevato sanzioni amministrative per svariate decine di migliaia di euro.
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