martedì 29 marzo 2016
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È bastata la falsa notizia che il confine macedone era stato riaperto per provocare subito scontri e risse tra i profughi al campo di Idomeni, in Grecia. I migranti hanno cominciato ad abbandonare i centri di accoglienza vicini per recarsi a piedi verso la tendopoli a ridosso della frontiera, dove attualmente vivono circa 12mila persone. Le risse e gli scontri sono iniziati dopo che diversi migranti afghani e pakistani hanno cercato di sfondare la barriera formata da siriani e iracheni a ridosso del filo spinato che chiude la frontiera. Tra afghani e pakistani sono presenti anche molti attivisti. È una guerra tra disperati quella che rischia di travolgere il campo che inizialmente doveva essere solo di transito ma che poi con la chiusura della rotta balcanica si è trasformato in un vero e proprio villaggio dove da settimane soggiornano decine di migliaia di profughi, oltre la metà dei quali bambini e minori non accompagnati. I migranti siriani ed iracheni sono quelli che alzano la voce perché potrebbero essere loro i primi a oltrepassare il confine come rifugiati di guerra, con i nuovi visti del governo greco l’indomani dell’accordo Ue-Turchia. Per tutti gli altri (afghani, pakistani, e subsahariani, considerati cioè 'migranti economici') il nuovo iter disegnato dall’accordo di Bruxelles prevede infatti il rientro in Turchia a partire dal prossimo 4 aprile. Ed è proprio il rischio di ritornare lì dove molte di queste persone sono partite, in fuga non solo dalla guerra ma anche dalla fame e dalle ingiustizie che accende le proteste e la tensione fra i migranti. Le autorità greche hanno già iniziato l’allontamento 'volontario' del campo, ma non sono in molti a salire sugli autobus che li porterà negli hotspot temporanei creati per la registrazione dei migranti. A Kathenmini per gli iracheni e gli afghani e a Veria per i siriani. Tutti e due vicini a Salonicco e distanti alcune decine di chilometri dalla tendopoli di Idomeni. Due nuovi hotpost sui quali le ong hanno puntato il dito, considerati dei veri e propri centri di detenzione. Dove i migranti non hanno libertà di circolazione, senza documenti ed effetti personali, in attesa del completamento della procedura di riconoscimento dello status. Come i quattro già realizzati sulle piccole isole del Dodeccaneso, a Lesbo, Chios, Samos e Leros dove vengono trasferiti i migranti che approdano sulle coste greche dalla Turchia, dopo aver attraversato l’Egeo sulle carrette del mare. Tra difficoltà, scontri, fango e emergenza sanitaria, Atene auspica di liberare Idomeni entro fine aprile. Venerdì il governo ha inviato una ventina di mezzi nell’accampamento per convincere le 12mila persone che vivono a spostarsi. Anche nel giorno di Pasqua, domenica, dalla tendopoli sono partiti 11 mezzi con circa 600 migranti a bordo. Ma la maggior parte è ancora riluttante a lasciare la tendopoli, nella speranza di riuscire ad attraversare il confine. Giorgos Kyritsis, portavoce dell’organo di coordinamento della politica migratoria in Grecia, ha annunciato che da oggi gli sforzi per convincere la gente a lasciare la zona raddoppieranno. «Distribuiscono volantini e fanno annunci – racconta Gabriele Casini, volontario di Save the Children a Idomeni – ma la gente non ha ancora capito cosa ne sarà di loro. Manca un’informazione precisa e preferiscono rimanere qui nella speranza che prima o poi la frontiera torni di nuovo a riaprirsi». La ong, che ha sospeso gli aiuti ai trasferimenti dei migranti da e per i nuovi hotspot, continua comunque ad offrire la propria assistenza umanitaria per la protezione dei minori. «Noi siamo rimasti qui nel campo ad occuparci soprattutto dei minori non accompagnati – aggiunge Casini – sono loro infatti a pagare il prezzo più alto di questa drammatica situazione. Molti di loro vorrebbero solo ricongiungersi alla madre o al padre che vivono in Europa, in Germania o in Olanda. Ma sono qui fermi ormai da più di un mese». In totale, il numero di migranti presenti in tutta la Grecia è di circa 50.256 persone: oltre ai 12mila solo a Idomeni, 5mila sono in attesa sulle isole del Dodeccaneso, di cui almeno la metà a Lesbo. © RIPRODUZIONE RISERVATA IDOMENI. I migranti sperano in una riapertura delle frontiere con la Macedonia
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