lunedì 6 giugno 2022
L’ambasciatrice Jarbussynova: il Donbass era e rimane un territorio ad alto rischio per la popolazione femminile
Helena, un'insegnante di 53 anni, sopravvissuta al bombardamento della città di Chuguiv

Helena, un'insegnante di 53 anni, sopravvissuta al bombardamento della città di Chuguiv - Ansa

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I dettagli raccapriccianti sulle fosse comuni riempite di cadaveri in Ucraina, la vergogna dei corpi violati delle donne. I racconti dei sopravvissuti del Donbass, dalle famiglie di contadini alle forze di difesa di Kiev, si arricchiscono purtroppo ogni giorno di particolari legati alla violenza e all’orrore. Nella terra dell’oblio, gettati sotto la superficie come per rimuovere il ricordo delle nefandezze commesse, ci sarebbero non solo i corpi dei civili, ma anche quelli di soldati russi e ucraini nascosti per essersi macchiati di una colpa infamante, in guerra: la paura.

In questi casi, la verifica delle fonti è più che doverosa, per cui è necessario approfondire il tema con una delle maggiori esperte di diritti umani, anche nel Donbass, l’ambasciatrice Madina Jarbussynova, che già nel 2015, aveva tenuto autorevoli sessioni informative di monitoraggio dell’Osce in Ucraina, soprattutto a Kharkiv e Dnepropetrovsk. L’Osce è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa e la sua ambasciatrice chiarisce subito che «l’utilizzo dei civili come scudi umani, la violenza sul corpo delle donne, soprattutto madri, e la punizione dei disertori sono crimini commessi dai soldati russi. Non solo in Ucraina, ma anche in Georgia e in Siria. Non ci stupiscono».

Il 19 maggio scorso il Parlamento Europeo ha approvato la Risoluzione 2022/2655 contro l’impunità dei crimini di guerra in Ucraina. Due i temi caldi: da un lato l’istituzione di un tribunale speciale per perseguire il crimine di aggressione commesso dai leader russi, dall’altro la conduzione di più efficaci indagini contro le violenze sessuali in atto, che andrebbero considerate, secondo l’Eurocamera, come vere e proprie «armi di guerra».

«Sin dal mondo antico – osserva Jarbussynova – lo stupro è un altro modo di fare la guerra, ma sul corpo di donne, anziane e giovani, senza differenza. Tuttavia, quel che si sta verificando in Ucraina sembra avere dimensioni enormi e fin troppo silenziose, relativamente alla questione di genere. Cerco di dirlo da anni. Nel 2015-2016 faceva poca notizia, ma eravamo in 500 come osservatori sul campo. Avevamo notato che quello era, ed è, un territorio ad alto rischio per le donne, anche per via di quella visione estremamente patriarcale, diffusa in tutto il Donbass, che fa dello stupro un atto sì tremendo, ma da non denunciare. L’ordine degli stupri parte dai comandanti soprattutto per non avere, in seguito, problemi di testimonianze e documentazione. Le donne abortiscono clandestinamente senza lasciar traccia di quel che è passato sul loro corpo e sulla loro anima».

Il massacro del corpo femminile continua, anche in questa nuova fase di guerra, a essere il crimine prescelto dall’armata russa, anche perché impressiona enormemente i familiari di queste donne, ma fa ancora troppo poco notizia. L’ambasciatrice ha ricordato inoltre che gli ispettori, inviati nuovamente dall’Osce, hanno rilevato numerosi crimini perpetrati in maniera trasversale: per ora si parla anche di 45 casi di maltrattamenti – non meglio specificati – a carico di cittadini ucraini, soltanto perché sospettati di essere filorussi da parte delle forze ucraine. Lindsay Freeman, direttore delle politiche per il Centro per i diritti umani dell’Università di Berkeley, ha aiutato a redigere quello che è diventato "il Protocollo Berkeley", cioè una serie di principi per la gestione dei media digitali in modo che possano essere utilizzati in tribunale.

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