sabato 14 maggio 2016
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Un 'business' da 17 miliardi. Camusso: nuove norme prima dell’estate ROMA Cresce il numero delle vittime del caporalato in Italia, sono 430mila, italiani e stranieri, e più di 100mila lavoratori in condizione di grave sfruttamento e vulnerabilità alloggiativa. Lo denuncia il terzo rapporto 'Agromafie e caporalato' realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil presentato ieri a Roma. Una crescita tra le 30 e 50mila unità rispetto al secondo rapporto pubblicato nel 2014. Un gravissimo fenomeno che non conosce confini, riguarda, infatti, ben 80 diversi distretti agricoli, dal Nord al Sud. Un «vero e proprio terreno di conquista per la criminalità mafiosa e non», avverte il rapporto, con uno sfruttamento che spesso «viaggia di pari passo con il fenomeno della tratta degli esseri umani». Ed è fonte di ulteriori guadagni per l’economia illegale che per tutta la filiera agroalimentare è stimata tra i 14 e i 17 miliardi. Proprio per questo è assolutamente necessaria l’approvazione del disegno di legge sul contrasto al caporalato. «È fondamentale, io la voglio, noi del governo l’abbiamo impostata, ora tocca al Parlamento. Ogni santo giorno noi siamo su questo fronte, ogni santo giorno. Bisogna costruire le condizioni al Senato per accelerare la tempistica in ragione della centralità e di dare un segnale» ha affermato Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole, aggiungendo di augurarsi che il ddl «possa ottenere una corsia preferenziale» nell’agenda parlamentare. Sulla stessa linea il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso: «Vogliamo fare un appello al presidente del Senato Grasso: dia la sede legislativa per questa legge. Sarebbe grave se la prossima campagna di raccolta avvenisse senza le nuove norme». Mentre la segretaria generale della Flai, Ivana Galli, avverte: «Se il ddl non verrà approvato con le correzioni che abbiamo chiesto torneremo in piazza unitariamente». Le pratiche di sfruttamento sono sempre le stesse, spiega il rapporto, nonostante il caporalato viva una «trasformazione in linea con la metamorfosi del mercato del lavoro sempre più flessibile e precario». Mancata applicazione dei contratti, un salario tra i 22 e i 30 euro al giorno, inferiore del 50 per cento di quanto previsto dai contratti nazionali, orari di lavoro che arrivano a 12 ore, lavoro a cottimo, «fino ad alcune pratiche criminali quali la violenza, il ricatto, la sottrazione dei documenti, l’imposizione di un alloggio e forniture di beni di prima necessità, oltre all’imposizione del trasporto effettuato dai caporali stessi». Insomma dal rapporto «emerge un quadro di forte vulnerabilità dei soggetti che andrebbe contrastato con maggiore incisività». Certo le ispezioni sono cresciute del 59% nell’ultimo anno, spiega lo studio, ma gli esiti sono «inquietanti ». Più del 56% dei lavoratori trovati nelle aziende agricole sono parzialmente o totalmente irregolari. Oltre 8mila le aziende ispezionate in cui sono stati trovati 6.153 lavoratori irregolari, di cui 3.629 totalmente in nero. Sono 713, invece, i fenomeni di caporalato registrati dalle autorità ispettive. Un fenomeno non solo italiani. Secondo il rapporto «solo in Europa sono 880mila lavoratori e lavoratrici di ogni nazionalità sotto il ricatto del lavoro forzato anche a causa delle normative europee (e mondiali) che hanno liberalizzato il mercato del lavoro con un conseguente abbassamento del controllo di legalità – denuncia lo studio –. Dato che si aggiunge invece alla specificità espressa dal settore agricolo che vede circa 3,5 milioni di lavoratori al mondo ridotti in schiavitù per 9 miliardi di profitti stimati». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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