sabato 17 ottobre 2020
La sindrome di Nicolaides-Baraitser bis determina nei piccoli una sorprendente somiglianza, ma anche gravi deficit intellettivi. I ricercatori di Telethon hanno messo a punto la diagnosi
I gemelli di Birmingham. I loro tratti sono comuni ad altri 12 bambini nel mondo

I gemelli di Birmingham. I loro tratti sono comuni ad altri 12 bambini nel mondo

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Nel mondo ci sono 14 bambini che si assomigliano in modo tanto stupefacente da sembrare quasi fratelli. Fatto ancora più straordinario, perché provengono da Paesi distanti: Italia, Giappone, Francia, Canada, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Olanda, Stati Uniti. Purtroppo non si tratta di una curiosità, ma di una grave patologia. I bambini si assomigliano a causa della mutazione di un gene comune, si chiama 'Smarca2' ed è responsabile della rara sindrome di Nicolaides-Baraitser. Ma questi 14 piccoli non sono affetti da questa malattia, bensì da una variante che per l’identificazione ha richiesto l’impegno di un team internazionale di ricercatori di nove diversi Paesi.

Gli scienziati, coordinati dall’Istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di Napoli ha descritto per la prima volta su Genetics in Medicine, rivista di riferimento dei medici genetisti americani, una nuova sindrome genetica dalle caratteristiche peculiari: la blefarofimosi, un’anomalia delle palpebre che conferisce un taglio a mandorla degli occhi, e una disabilità caratterizzata da problemi intellettivi, ritardo nel linguaggio, epilessia, microcefalia, anomalie delle dita.

Da qui l’acronimo inglese Bis che definisce la nuova sindrome, ma che sta anche a indicare come questa sia la 'seconda puntata', il 'bis' di una storia partita da lontano e che promette di non fermarsi. Perché la definizione della diagnosi è servita naturalmente per gettare le premesse di una terapia. Sapere 'cos’è' una malattia è importante, ma se poi non si arriva a scoprire 'come' si cura, lo sforzo rischia di apparire vano. Ma gli scienziati promettono che non sarà così. La Nicolaides-Baraitser 'bis' sarà guarita.

Ma se il ruolo dei ricercatori è stato straordinario, una parte fondamentale in questa storia l’hanno giocata due mamme coraggio, Anna e Charlotte. L’una inglese di Birmingham, mamma di due gemelli. L’altra avvocato di Caserta, mamma di Giorgio. Le loro vicende sono strettamente intrecciate. Entrambe non si sono arresi alle prime, incerte e insoddisfacenti diagnosi. E i percorsi, le attese, le ansie dell’una sono servite all’altra per guardare al futuro con un pizzico di serenità in più. Ora, con loro, ci sono altre 12 mamme a guardare con fiducia al futuro.

È il novembre del 2017 quando Gerarda Cappuccio e Nicola Brunetti-Pierri, pediatri presso il policlinico universitario di Napoli, identificano un difetto genetico assolutamente nuovo. Brunetti-Pierri è anche ricercatore del Tigem di Pozzuoli, dove con Gerarda Cappuccio fa parte del programma Telethon per le malattie senza diagnosi, avviato nel 2015 e basato sull’applicazione di tecniche di sequenziamento del Dna di nuova generazione. La scoperta avviene grazie agli approfondimenti sui sintomi di Giorgio, il piccolo da cinque anni lotta inutilmente contro una serie di gravi problemi che complicano non poco la vita a lui e ai suoi genitori. Una penosa odissea che parte da lontano. «Già nei primi giorni dopo la nascita Giorgio – racconta Anna – non voleva attaccarsi al seno, piangeva sempre ed era continuamente raffreddato. A quattro mesi ha avuto la prima di una serie di bronchiti, che ci hanno costretto a imbottirlo di antibiotici e in qualche caso a ricoverarlo in ospedale. Concentrati sulle continue infezioni, abbiamo trascurato – o forse, con il senno di poi, non abbiamo voluto vedere – il fatto che non cresceva e non si muoveva abbastanza se paragonato agli altri bambini della sua età».

Quando Anna, insieme al marito Giuseppe, se ne rende conto, decide di andare a fondo. Inizia un lungo viaggio, fatto di visite, esami, specialisti. E poi consulenze genetiche e altri accertamenti. Ma tutto rimane indefinito. La prima svolta arriva grazie a un pediatra che intuisce che le bronchiti di Giorgio non sono di natura infettiva, ma dipendono da un brutto reflusso, che arriva fino ai polmoni. Alla fine del 2012 gli specialisti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma confermano il ritardo psicomotorio e ipotizzano per la prima volta che il piccolo potrebbe essere affetto da una malattia ancora non identificata. Si parte con altri test, ma risulta tutto negativo. Altre attese, altri esami, altre interminabili verifiche. Nel febbraio del 2017, una risonanza magnetica effettuata presso il Policlinico universitario di Napoli rivela che Giorgio è affetto dalla sindrome di Arnold-Chiari, una rara malformazione del cranio che porta alla protrusione del cervelletto, una sorta di ernia. Eppure questo non basta a spiegare il complesso quadro clinico.

Finalmente il faticoso percorso del bambino e della sua famiglia si incrocia con quello di Nicola Brunetti-Pierri che propone ad Anna e Giuseppe di entrare nel 'Programma per le malattie senza diagnosi del Tigem'. Grazie a quest’analisi, nel novembre dello stesso anno i ricercatori del Tigem identificano una mutazione de novo (ovvero, non ereditaria ma insorta spontaneamente a livello embrionale) nel gene 'Smarca2', già noto per essere associato alla sindrome di Nicolaides- Baraitser. Eppure le condizioni di Giorgio non sono del tutto sovrapponibili a quelle delle persone affette da questa sindrome. I ricercatori del Tigem iniziano allora a prendere contatto con altri colleghi nel mondo esperti di questa rarissima sindrome, nella speranza di trovare altri casi 'anomali'. Anche Anna e Giuseppe intanto prendono contatto con altre famiglie che condividono il loro stesso problema, attraverso l’associazione di pazienti con la sindrome di Nicolaides-Baraitser. Si rendono conto che alcuni bambini hanno proprio caratteristiche somatiche simili al loro figlio, sembrano quasi fratelli pur essendo nati in posti molto lontani nel mondo. Si arrivano a raccogliere 14 casi di questo tipo: le analisi genetiche confermano che hanno la stessa mutazione genetica. I bambini che ne sono affetti sembrano quasi fratelli.

«Un’ulteriore conferma che la 'somiglianza' osservata visivamente riflettesse effettivamente quella genetica – spiega Nicola Brunetti-Pierri – è arrivata anche dal software Face to gene, che consente ai noi genetisti di correlare le caratteristiche facciali a specifiche sindromi e consolidare le diagnosi. Parallelamente, gli esperimenti fatti in laboratorio hanno dimostrato che le mutazioni osservate in questi 14 pazienti non solo erano effettivamente in regioni specifiche del gene Smarca 2, ma si traducevano anche in alterazioni funzionali diverse rispetto alle mutazioni che causano la sindrome di Nicolaides- Baraitser, consolidando la nostra ipotesi di trovarci di fronte a una sindrome nuova».

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