venerdì 26 aprile 2013
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«Il 25 aprile è morto...». Nel sessantottesimo anniversario della liberazione dell’Italia dal nazifascismo, il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo ha scelto un modo tutto suo per farsi ricordare dalle cronache di giornata. Dopo aver invitato i suoi a disertare le celebrazioni della ricorrenza (ma non tutti i l’hanno ascoltato, partecipando a vario titolo in alcune città), ieri l’estro da comico gli ha suggerito di pubblicare sul suo blog la parafrasi di una celebre canzone italiana («Dio è morto», composta da Francesco Guccini), costruendoci sopra delle strofe al vetriolo: «Con la nomina a presidente del Consiglio di un membro di Bildeberg, il 25 aprile è morto», attacca Grillo, alludendo all’incarico di premier affidato ad Enrico Letta. Ma, verso dopo verso, ne ha per tutti, lanciando frecce al curaro contro «l’inciucio fra Pdl e Pdmenoelle», la «grassa risata del piduista Berlusconi in Parlamento», la «mancata elezione di Rodotà», la «Repubblica nelle mani di Berlusconi, 77 anni, e Napolitano, 88 anni», la «trattativa Stato - mafia i cui responsabili non sono stati giudicati dopo vent’anni», il «grande saccheggio impunito del Monte dei Paschi di Siena», il «debito pubblico colossale dovuto agli sprechi e ai privilegi dei politici», i «piduisti che infestano il Parlamento» e via dicendo. Pertanto, conclude Grillo, se «il 25 aprile è morto», allora «oggi evitiamo di parlarne, di celebrarlo, restiamo in silenzio con il rispetto dovuto ai defunti. Se i partigiani tornassero tra noi si metterebbero a piangere».Frasi urticanti che fanno subito divampare le polemiche, attirando contro Grillo gli strali degli esponenti di altri partiti, Pd in testa. La senatrice democratica Anna Finocchiaro scrive su <+corsivo>Twitter<+tondo>: «Il 25 aprile vive. Chi dice il contrario, offende gli italiani». Ed Emanuele Fiano rincara la dose: «Se la pensa così, vada via dall’Italia». Dal Pdl, Lucio Malan osserva: «Per Grillo la libertà non conta nulla. Lui aspira a diventare un dittatore». Il leader di Sel, Nichi Vendola, se la cava con ironia: «Grillo deve smettere di introdurre il tema della morte nella vita pubblica: sembra un becchino universale». Provano invece a ricorrere all’<+corsivo>aplomb<+tondo> istituzionale, per non gettare altra benzina sul fuoco, i presidenti di Camera e Senato. Dal palco in piazza Duomo, a Milano, Laura Boldrini chiede di «togliere il segreto di Stato sulle stragi» e non nomina direttamente Grillo, ma osserva: «C’è chi ha detto che questa è una festa morta. Vengano qui gli scettici. Questa è una festa più viva che mai». Ma la capogruppo M5S in Regione, Silvana Carcano, non gradisce la stoccata indiretta e lascia il palco: «Non è stata super partes. Ha attaccato Grillo, senza capire il senso del suo messaggio».Anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, non elude la domanda dei cronisti. E dal parco Monte di Sole di Marzabotto, nel Bolognese, (dove le SS e la Wermacht rastrellarono e massacrarono 1.830 civili, comprese intere famiglie con donne e bambini), commenta: «Non giudico nessuno, ognuno ha un modo proprio per catturare il consenso. Ma forse bisognerebbe pensare ai cittadini che soffrono e hanno tanti problemi. Dal 25 aprile, si può ripartire dopo un momento non certo felice del Paese». La seconda carica dello Stato, in mezzo agli applausi, incassa anche qualche fischio, ma reagisce con diplomazia: «Accetto la divergenza di vedute, a patto che poi ci si impegni per costruire qualcosa insieme». Quelli più offesi dalla sortita grillina sono comunque i reduci della Resistenza: «Se c’è un mezzo morto, è lui con i suoi che lo seguono. Grillo e i suoi devono capire che l’unica strada da seguire è quella della democrazia», protesta il partigiano 89enne Riccardo Lolli. E un suo anziano compagno d’armi, Franco Fontana, aggiunge: «Grillo non arriverà mai da nessuna parte perché i suoi sono solo voti di protesta. Per me, più che un pagliaccio è un dittatore».
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