venerdì 8 febbraio 2019
Al via il discusso "Hit Show": in mostra pistole e kalashnikov. È già polemica sull’accesso agli stand dei minori. Oggi fra i padiglioni atteso anche il ministro dell’Interno
L'edizione 2017 dell'Hit Show di Vicenza

L'edizione 2017 dell'Hit Show di Vicenza

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A canne mozze o una calibro 38? Un kalashnikov per veri uomini o una pistola a tamburo da borsetta? L’Italia che gioca col piombo si è data appuntamento a Vicenza, anche in vista della prossima discussione sul provvedimento della legittima difesa. "Hit Show", la fiera delle armi "leggere" che ogni anno si svolge tra le pacifiche architetture palladiane e che oggi si apre con la promessa del tutto esaurito, si è fatta precedere dai soliti rimproveri. «Hit Show si differenzia dalle altre manifestazioni fieristiche riguardanti le armi in Europa per una mancata regolamentazione di alcuni aspetti particolarmente delicati», segnalano numerose sigle firmatarie di un appello rimasto come sempre inascoltato. Soprattutto perché si consente ancora una volta «l’accesso ai minori, l’esposizione di tutte le tipologie di armi e la promozione di una cultura delle armi», hanno scritto settimane fa l’associazione Papa Giovanni XXIII, Agesci, Caritas, Libera, Focolari e molte altre realtà.

La manifestazione, però, ha anche un peso politico. Il Comitato D-477, dal nome della direttiva Ue per l’accesso facilitato alle doppiette, aveva confermato già un anno fa che Matteo Salvini in piena campagna elettorale aveva sottoscritto un documento con il quale prendeva «impegno pubblico in difesa dei tiratori sportivi, dei cacciatori e dei collezionisti di armi».

E infatti nello scorso settembre l’Italia, che con il governo legastellato non manca di contestare la macchina dell’Ue a Bruxelles, è stata tra i primi Paesi membri ad adottare con modalità estensive una direttiva europea. Raddoppiato il numero di armi sportive che si possono detenere, passando da 6 a 12. Aumentato anche il numero dei caricatori consentiti: 20 (erano 15) per le armi corte e 10 (erano 5) per quelle lunghe. Inoltre, la denuncia di detenzione a carabinieri o questura, può essere inviata anche via email da un portale certificato e non è previsto alcun obbligo di avvisare i conviventi del possesso di armi. Viene inoltre estesa la categoria dei "tiratori sportivi", autorizzati quindi a comprare armi "tipo forze speciali".

Questa modifica di fatto allarga la platea delle persone che potranno detenere perfino i kalashnikov o i fucili semiautomatici AR15, protagonisti delle peggiori stragi compiute negli ultimi anni negli Usa.

Se l’esposizione vicentina è diventata uno dei ritrovi della nuova destra, il merito è però in gran parte delle amministrazioni di centrosinistra. La fiera, infatti, è cresciuta grazie alla spinta dell’Italian Exhibition Group, una Spa i cui azionisti di maggioranza sono il Comune e la Provincia di Rimini, la Regione Emilia-Romagna (tutti ad amministrazione di centrosinistra), con l’ospitalità del Comune di Vicenza, solo dallo scorso giugno passato al centrodestra. Matteo Salvini in questi giorni sarà in città. Ufficialmente per altri impegni. Ma la visita tra i padiglioni è fissata nel pomeriggio.

Il giro d’affari e la platea di utilizzatori-elettori interessati è molto ampio. Ma i conti non tornano. Nei mesi scorsi era stata l’agenzia di stampa Agi a scoprire diverse discrepanze. Nel 2016 il Viminale aveva spiegato alle riviste specialistiche che l’anno precedente le licenze di caccia censite erano 774.679 e quelle per tiro sportivo 470.821. Nei dati diffusi nel 2017 però i numeri cambiano. Vengono infatti indicate come 719.172 le licenze di caccia presenti nel 2015 (55mila in meno di quanto precedentemente dichiarato) e 453.095 quelle per tiro sportivo, anche qui con una revisione al ribasso di oltre 17mila.

«La produzione di armi e munizioni per uso civile, sportivo e venatorio in Italia vale 7 miliardi e 293 milioni di euro, corrispondenti allo 0,44% del Pil nazionale», si legge in una delle schede promozionali dell’esposizione vicentina. Ma secondo alcuni analisti i dati sono presentati in modo fuorviante. «Nonostante l’enfasi di Hit Show e delle aziende produttrici, l’effettiva produzione di armi e munizioni per uso comune, sportivo e venatorio – sostiene Giorgio Beretta, analista di Opal, l’Osservatorio sulle armi leggere – non supera i 500 milioni di euro e rappresenta una quota marginale rispetto ad altre produzioni e anche alle esportazioni».

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