martedì 9 aprile 2013
​Il vescovo di Aversa: «La violenza che arriva all’omicidio è sempre il risultato di un modo di pensare e di esprimersi negando spazi e tempi di vita all’altro uomo». Ma questo, ha ricordato il presule, è anche il momento della preghiera. Per tutti, vittima e carnefice.
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«Questa morte ci sgomenta ed è una grave sconfitta che coinvolge tutti». È l’amaro commento di monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa. Non fa sconti il vicepresidente della Cei. «La violenza che arriva all’omicidio – denuncia – è sempre il risultato di un modo di pensare e di esprimersi negando spazi e tempi di vita all’altro uomo». Ma questo, ricorda, è anche il momento della preghiera. Per tutti, vittima e carnefice. Proprio per questo ha voluto essere presente alla fiaccolata, organizzata dai compagni del giovane ucciso, che ha attraversato Aversa. «Come Chiesa di questa nostra terra aversana siamo addolorati, in preghiera per il ragazzo ucciso, che sentiamo nostro figlio e nostro fratello; siamo addolorati, in preghiera per il giovane che ne è stato omicida, e lo sentiamo ugualmente nostro figlio e nostro fratello». Ma c’è anche l’impegno per cambiare. «Gesù esorta noi, suoi discepoli, a non rifiutare mai di ascoltare l’uomo che parla, a non voler mai tentare di mettere a tacere con atteggiamenti violenti l’altro nella sua ricerca di vita».Monsignor Spinillo, questo dramma ha dunque molti responsabili.È il terribile sviluppo di un atteggiamento di violenza che si esprime in tutta la società. In questa morte sperimentiamo la nostra incapacità a superare le vecchie logiche dell’imposizione della supremazia di un uomo su un altro uomo, di essere ancora come coloro che continuano ad immaginare di poter affermare una propria forza nello scavalcare o nell’annullare l’altro, chiunque esso sia.Non basta, dunque, il “modello casertano” della repressione che tanti successi ha avuto nella lotta alla camorra.No, non basta. È necessaria una conversione, non semplicemente un pensare diverso, ma nel senso di un orientamento del vivere che si oppone alla morte con traguardi nuovi, una speranza di vita nuova. Va coltivata a tutti i livelli liberando la società da una logica di concorrenza che vuole affermare il proprio dominio: un contro l’altro.Cosa fa e cosa può fare la Chiesa?Serve una passaggio educativo che stiamo cercando di portare avanti come Chiesa. Ma è un momento difficile, soprattutto in una fase di crisi, nella quale si è molto più facilmente giudici. Ma lo dobbiamo fare per evitare l’inutile sviluppo di violenze che privano i nostri giovani della possibilità di vivere, di conoscere, di capire, di amare la vita, di offrire le proprie capacità e i talenti per lo sviluppo del bene, per la gioia di partecipare positivamente al cammino della storia dell’umanità.
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