venerdì 7 febbraio 2014
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«Non è stata una mancanza di coraggio a non farmi intervenire prima in assemblea, né una fuga da vigliacco...». Sono le 11.30 quando il presidente Pietro Grasso parla in Aula per ribattere alle critiche che gli piovono addosso dai senatori del centrodestra, alcuni decisamente infuriati, altri comunque sconcertati dalla sua decisione di presentare la richiesta di costituzione di parte civile del Senato nel processo sulla presunta compravendita di voti parlamentari che vede Silvio Berlusconi fra gli imputati e che partirà l’11 febbraio a Napoli.

Da mercoledì sera, quando è stata resa nota la decisione, si è scatenata la bufera. Da un lato, Pd, Sel e M5S difendono la sua scelta. «Un comportamento lineare», dice il capogruppo democratico Luigi Zanda. «Finalmente l’istituzione restituisce dignità ai senatori e ai cittadini», concorda l’omologo grillino Maurizio Santangelo. Sul versante opposto, c’è la perplessità del Nuovo Centrodestra, preoccupato che la mossa possa avere ripercussioni sul percorso delle riforme e sulla tenuta del governo, e dell’Udc («È grave spaccare il Senato», osserva Pier Ferdinando Casini), ma soprattutto c’è l’ira di Forza Italia che cannoneggia Grasso, invitandolo a fornire chiarimenti: «Noi non intendiamo costituirci parte civile. E dopo questa decisione – lamentano in coro i parlamentari forzisti– lui non può più fare da garante...». La più diretta è Elisabetta Alberti Casellati, che al suo arrivo in Aula lo accoglie così: «Lei si dovrebbe dimettere. Ha dismesso il ruolo istituzionale per assumere un ruolo politico contra personam».

Dal canto suo, Grasso argomenta: «Ho preso la mia decisione in totale autonomia, con una scelta discrezionale, che la funzione che ricopro mi attribuisce. E la costituzione di parte civile si può anche revocare: ci sono gli strumenti, se tutta l’Aula del Senato è d’accordo». Poi aggiunge: «Se non c’è un precedente, forse è perché non c’era mai stato prima un processo del genere. Non ho alcun pregiudizio né intento di persecuzione verso le persone coinvolte....». Nel processo, prosegue, «ci sono senatori... Fortunatamente ex senatori...». Credendo che si tratti di un’allusione al Cavaliere "decaduto", i parlamentari azzurri insorgono. Grasso precisa: «Fatemi continuare, mi riferisco a De Gregorio». Ma dai banchi di Forza Italia salgono le proteste: «Lei ha una coda di paglia da qui fino al Quirinale...», attacca Alessandra Mussolini. Infine tutti i senatori di Fi decidono di uscire dall’Aula. Poi si ritrovano per studiare una contromossa, nella speranza di favorire la revoca della richiesta. C’è chi propone di adottare una mozione di censura e sottoporla al vaglio dell’Assemblea. Una via non percorribile, secondo gli esperti del regolamento. E dunque Fi potrebbe ricorrere alla stesura di un documento che stigmatizzi la decisione o chiedere un parere alla Giunta per il regolamento di Palazzo Madama per farla pronunciare sulla procedura adottata (mercoledì, Grasso aveva chiesto un parere informale ai componenti del Consiglio di presidenza e 10 membri contro 8 si sono detti contrari). Nel frattempo, da Tunisi dov’è volato in rappresentanza del capo dello Stato, Grasso ribadisce il suo no alle strumentalizzazioni: nessun calcolo o tornaconto, avverte, è solo un atto per garantire al Senato «la possibilità di accertare la verità».

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