giovedì 12 aprile 2018
Se il secondo giro di consultazioni andrà a vuoto, il Colle la prossima settimana chiederà disponibilità a Salvini. In caso di rifiuto, a Di Maio. In terza istanza, ai presidenti Casellati o Fico
Luigi Di Maio davanti ad una foto di Sergio Mattarella, ospite della trasmissione Porta a Porta

Luigi Di Maio davanti ad una foto di Sergio Mattarella, ospite della trasmissione Porta a Porta

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Gli scenari internazionali e i venti di guerra in Siria hanno convinto ulteriormente il Colle circa la necessità di dare una scossa allo stallo politico post-voto. E di fronte alle novità solo parziali che gli porteranno in dote oggi Salvini, Berlusconi, Di Maio e Martina, Mattarella ha pronto un discorso chiaro e ineludibile che pronuncerà domani a ora di pranzo a favore delle telecamere, quando il secondo giro di consultazioni sarà concluso: siccome non ci sono soluzioni, scattano gli ultimi cinque giorni di riflessione che termineranno mercoledì prossimo. Cinque giorni in cui Salvini e Di Maio, se hanno un accordo completo su programma, numeri in aula e premiership, dovranno «chiamare al telefono» il Colle e comunicarlo.


In assenza di telefonate, Mattarella - senza convocare un terzo giro di consultazioni - mercoledì inizierà a fare da sé. Come primo passo, chiederà a Matteo Salvini, leader del centrodestra unito (che quindi ha più parlamentari alla Camera e al Senato), se è pronto ad accettare un pre-incarico. Se il segretario del Carroccio rifiuterà per paura di "bruciarsi", come appare in queste ore, analoga richiesta sarà fatta al capo politico di M5s Luigi Di Maio, il quale potrebbe accettare e prendersi il tempo necessario per far passare le elezioni in Molise e Friuli e quindi dare a Salvini l’agio di risolvere i nodi nel centrodestra. Ma se anche il leader del Movimento dovesse però rifiutare il pre-incarico o fallire nel suo tentativo, allora il capo dello Stato, che in nessun caso scioglierà le Camere, conferirà un incarico esplorativo o al presidente del Senato, Elisabetta Casellati, o al presidente della Camera Roberto Fico. Chi dei due, dipenderà anche dal Pd, che a quel punto, in una prospettiva "istituzionale", potrebbe tornare in gioco e fungere da ago della bilancia. E sarà quella l’ultima strada per dare un governo al Paese.


Il quadro è controverso e multi-problematico, quindi. Le uniche certezze sono che non ci sono le condizioni per un mandato pieno e che non c’è alcuna possibilità che vengano sciolte le Camere per il voto a giugno. La sola svolta a breve termine potrebbe arrivare dal vertice del centrodestra di oggi a pranzo. Se Berlusconi accettasse di fare un passo indietro come quasi "imposto" da Di Maio e Di Battista, allora spalancherebbe la strada ad un governo politico tra un centrodestra a trazione-Salvini e M5s. Forza Italia, in questa prospettiva, potrebbe dare inizialmente l’appoggio esterno. Ma nessuno in queste ore scommette un euro su uno scenario del genere. Anche perché, superato l’ostacolo Berlusconi, resterebbe il nodo della premiership che Di Maio rivendica per sé e Salvini invece attribuirebbe ad una figura di compromesso del centrodestra.

Il rompicapo così non si risolve. E Mattarella non è affatto sereno. Anche perché la crisi siriana dimostra quanto sia importante avere un governo nel pieno delle sue funzioni. Il capo dello Stato, ex ministro della Difesa, oggi vuole giocare molto sul fattore internazionale, vuole far capire quanto siano secondari i tatticismi della politica italiana in un quadro globale complicatissimo. Per questo motivo, ma non solo, ha deciso di accelerare. L’altro motivo è che anche agli occhi del Colle è di tutta evidenza un accordo politico solido tra Lega e M5s, tra Salvini e Di Maio. L’intesa che i due stanno dimostrando nelle nomine parlamentari è plateale. E quindi, se c’è un patto, si palesi sollevando l’Italia dallo stallo, ragionano al Colle.

È pur vero che Salvini, sulla Siria ha fatto una mossa al limite, schierandosi dalla parte della Russia di Putin. Molto più prudente Di Maio. Ciò ha dato un vantaggio al giovane leader M5s. Che a questo punto potrebbe accettare il pre-incarico e aspettare il Friuli per chiudere un accordo con Salvini da posizione di forza. È tutto sul filo, però. Perciò Casellati e Fico devono davvero stare in allenamento e "scaldarsi". Che la palla giunga tra le loro mani non è più un’ipotesi di scuola. È una possibilità concreta. Ma ovviamente il loro sarebbe un esecutivo dal respiro corto, che non guarderebbe oltre la primavera 2019 o addirittura il prossimo ottobre. E le urne a breve, troppo a breve, potrebbero convincere Berlusconi a fare un passo indietro per non far deflagrare Forza Italia.

Il Colle è quindi sul punto di archiviare le ragioni della politica e aprire il cassetto della logica istituzionale. In cui ci sono cinque attrezzi. Impossibili da usare i primi due, il mandato pieno per il quale non ci sono le condizioni e lo scioglimento delle Camere ritenuto inopportuno. Ci sono altre consultazioni, ma un terzo giro sarebbe un’inutile liturgia. Restano il pre-incarico e l’esplorazione. Mercoledì uno di questi due motori sarà attivati. Con esiti, però, incerti e imprevedibili.

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