lunedì 4 luglio 2022
Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia riceveranno aiuti per fronteggiare l'emergenza siccità. Il provvedimento potrebbe essere esteso anche a Lazio e Umbria
Il torrente Bisagno in secca

Il torrente Bisagno in secca - Ansa

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È durato una manciata di minuti il Consiglio dei ministri a Palazzo Chigi che ha dato il via libera allo stato di emergenza per 5 Regioni alle prese con l'allarme siccità: Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. La dichiarazione è motivata dalla situazione di deficit idrico in atto nei territori delle Regioni e delle Province Autonome ricadenti nei bacini distrettuali del Po e delle Alpi orientali, nonché per le peculiari condizioni ed esigenze rilevate nel territorio delle cinque regioni.

Con ormai settimane di caldo record, l'agricoltura al collasso e i fiumi a secco, il governo nominerà anche un commissario straordinario per avviare le prime procedure previste dal decreto.

Non è escluso che il provvedimento verrà esteso anche alle altre aree che ne hanno fatto richiesta, come il Lazio e, proprio oggi, l'Umbria. Solo successivamente arriverà il decreto, in attesa che l'esecutivo reperisca i fondi adeguati a quella che appare, ormai, come una vera e propria crisi dell'acqua.

Saranno 36 milioni e mezzo i fondi da destinare alle cinque regioni piegate dalla siccità, 10,9 milioni andranno all'Emilia Romagna, 4,2 milioni al Friuli Venezia Giulia, 9 milioni alla Lombardia, 7,6 milioni al Piemonte e 4,8 milioni al Veneto.

Lo stato di emergenza deliberato questo pomeriggio resterà in vigore fino al 31 dicembre 2022 ed "è volto a fronteggiare con mezzi e poteri straordinari la situazione in atto, con interventi di soccorso e assistenza alla popolazione interessata, e al ripristino della
funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche", si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.

Stando ai dati forniti da Coldiretti, infatti, sono circa 27.000 le aziende agricole che si trovano nelle regioni interessate dallo stato di emergenza. "Un capitale dell'agroalimentare Made in Italy che rischia di sparire sotto i colpi della siccità, con i danni che hanno già superato i tre miliardi di euro", spiega l'associazione che rilancia il progetto, realizzato insieme con l'Associazione nazionale delle bonifiche, per la realizzazione di una rete di bacini di accumulo (veri e propri laghetti) per arrivare a raccogliere il 50% dell'acqua dalla pioggia.

"Ma per fare ciò - chiosa il presidente della Coldiretti Ettore Prandini - è necessario che la questione sia trattata per quella che è, cioè una vera e propria emergenza nazionale". Dalla Confederazione degli agricoltori, poi, arriva l'invito a "lavorare su soluzioni di lungo periodo per uscire dalla logica emergenziale". E sul commissario l'auspicio è quello che "venga scelta una persona che conosca da vicino i problemi della rete idrica italiana, così come quelli dell'agricoltura, e che gli interventi straordinari possano dare
al più presto sollievo al nostro Paese".

L'ultima regione a fare richiesta dello stato di emergenza è stata l'Umbria, preoccupata in particolare per lo stato del lago Trasimeno. Anche la Toscana si prepara a dichiarare lo stato di calamità, come annunciato dal presidente Eugenio Giani.
L'Autorità idrica regionale parla di una situazione "molto critica" delle falde, con la siccità che ha toccato un "livello di severità". In Friuli Venezia Giulia, invece, il Consorzio di Bonifica Pianura Friulana si prepara a chiudere alcune rogge - cioè i canali artificiali - nel caso nei prossimi giorni non si verificassero piogge.


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