venerdì 11 agosto 2017
A minacciare le nostre acque anche cambiamenti climatici e reati ambientali. La denuncia della Goletta verde 2017 dopo il suo viaggio lungo le coste italiane: a rischio il 40% delle aree analizzate
Mediterraneo inquinato: male depurazione e rifiuti
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Il Mediterraneo non gode di ottima salute. A minacciare il Mare nostrum non ci sono solo mala depurazione e rifiuti galleggianti, ma anche i cambiamenti climatici e i reati ambientali. È quanto denuncia Goletta Verde 2017, (l'imbracazione di Legambiente che ogni anno monitora la situazione delle nostre acque) che, nel bilancio finale del suo viaggio lungo i 7.412 chilometri di costa italiana, disegna un quadro poco rassicurante.

Su 260 punti campionati, sono 105 (il 40%) le aree risultate inquinate con cariche batteriche al di sopra dei limiti di legge. Si tratta di un inquinamento legato alla presenza di scarichi fognari non depurati. Senza contare il perdurare di alcune situazioni critiche, già registrate nelle precedenti edizioni, con ben 38 malati cronici. zone concentrate soprattutto nel Lazio (8), in Calabria (7), in Campania e Sicilia (5).

Legambiente ha presentato alle Capitanerie di Porto 11 esposti sulla base della legge sugli ecoreati che ha introdotto i delitti ambientali nel codice penale. L'associazione chiede alle autorità competenti di intervenire per fermare i numerosi scarichi inquinanti che purtroppo ancora oggi, si riversano in mare, soprattutto nella stagione estiva, e che costituiscono una minaccia per il mare, la salute dei bagnanti e la biodiversità.

La situazione migliore anche quest’anno in Sardegna, che si distingue con sole 5 aree critiche rilevate in corrispondenza di foci di fiumi, fossi e canali. Anche la Puglia registra un buon risultato, confermando la performance dello scorso anno. In alto Adriatico, complice anche la forte siccità che ha colpito queste regioni, riducendo molto le portate di fiumi, fossi e canali che si riversano in mare, le situazioni migliori si riscontrano in Emilia Romagna e Veneto. Critiche per quanto riguarda la presenza di diversi scarichi non depurati che finiscono in mare, prevalentemente attraverso fiumi, fossi, canali e tubature, le situazioni registrate in Abruzzo, Sicilia, Campania e Lazio.

Bisogna inoltre ricordare che sul nostro Paese pesano già due condanne e una terza procedura d’infrazione, che coinvolgono 866 agglomerati, di cui il 60% in sole tre regioni, Sicilia, Calabria e Campania. Oltre i costi ambientali, ci sono quelli economici a carico della collettività. A causa delle condanne e dei ritardi che si continuano a registrare ancora oggi, la sanzione è scattata dal 1 gennaio 2017 e dobbiamo pagare all’Europa 62,7 milioni di euro una tantum a cui si aggiungono 347 mila euro per ogni giorno
sino a che non saranno sanate le irregolarità. La sanzione accompagna il secondo deferimento alla Corte di giustizia che è necessario per garantire il raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direttiva vista «l'estrema lentezza dei progressi compiuti e la ripetuta inosservanza dei termini preventivamente annunciati» come riporta la stessa Commissione in una nota dei mesi scorsi. A questi ritardi strutturali si aggiungono poi i tanti scarichi illegali che ancora oggi si riversano nei fiumi, fossi, canali e a volte direttamente in mare. L’insufficiente depurazione e gli scarichi inquinanti, secondo i dati del rapporto Mare Monstrum di Legambiente, restano il reato più contestato e in crescita rispetto all'anno precedente, e da sole rappresentano il 31,7% (contro il 24,6% del 2015) delle infrazioni.

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