sabato 26 maggio 2018
La protesta dopo l’incidente, settimana scorsa, di un giovane che ha poi subito l’amputazione di una gamba. La testimonianza di Leonardo, sui due pedali, tra una lezione e l’altra all'università
Lavoratori «sfruttati» in bicicletta: adesso più tutele
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Parola d’ordine: scattare. È il gergo dei rider, i fattorini in bicicletta che consegnano pizze, hamburger, sushi ma anche buste e pacchi in giro per la città. Andare più veloce della luce. Correre sui pedali, sui marciapiedi, stando attenti ai pedoni, alle auto e ai binari del tram. Conoscere bene la città ed essere allenati. «Ho iniziato a 19 anni, 5 anni fa – racconta Leonardo, che oggi ne ha 24 – lavoravo per un hamburgeria milanese ».

Leonardo è stato uno dei primi a correre in lungo e in largo con la sua bici sportiva. Prese e consegne. Prese e consegne. Tutta la sera. Ancora studente studente universitario, oggi non consegna più cibo ma pacchi per una piccola azienda fondata da un suo amico, ex bocconiano. Anche ieri, mentre tutti i suoi colleghi hanno incrociato le braccia, per lo sciopero 'di categoria' indetto dalla Filt Cgil – a pochi giorni dal grave incidente che ha coinvolto un rider di un ristorante partner di Just Eat, che ha perso una gamba finendo sotto un tram –. Leonardo era in giro per Milano a consegnare buste e pacchi. «Io sono fortunato perchè mi pagano 2,50 euro a consegna – spiega – e in una mattina, se sono in forma, dalle 9 a mezzogiorno arrivo a fare anche 20 'tagliandi'». Calcolatrice alla mano, 50 euro mezza giornata.

Ma c’è anche chi, più sfortunato, arriva a guadagnare solo 1,50/2 euro a consegna. Sono soprattutto i rider del food, dei cibi a domicilio. Le multinazionali non fanno sconti. Più sei veloce, più guadagni. Ma devi anche conoscere a menadito la città. E così ci sono anche giovani stranieri, egiziani e romeni, che non conoscono le vie e si perdono, arrivando inesorabilmente tardi nella consegna. Oppure rider più in là con gli anni. Cinquantenni rimasti senza lavoro che cercano di arrotondare come possono. Basta solo avere una bicicletta. Ma anche chi non ce l’ha, si organizza. «Ho visto giovani nordafricani in giro con le bici del bike sharing – prosegue Leonardo – significa che è proprio gente disperata, che non ha alternativa».

Milano è ancora sotto choc, dopo l’incidente di Francesco Iennaco, 28enne, una settimana fa, che gli è costata l’amputazione della gamba. Il rider non è tutelato, reclamano i sindacati. Tra giovani, studenti e disoccupati, in Italia si contano circa 90mila lavoratori impiegati in oltre 200 piattaforme di sharing economy, con un giro d’affari stimato attorno ai 3,5 miliardi di euro e con prospettive di crescita fino a 25 miliardi nel 2025. I sindacati chiedono più diritti e più sicurezza. «È inaccettabile che in un Paese civile questa categoria ancora ibrida, tra lavoro dipendente e autonomo, non abbia una precisa inquadratura contrattuale» ha dichiarato Paolo Capone, Segretario Generale dell’Ugl. Intanto, regione per regione, si cerca di mettere una toppa.

Lo scorso marzo nel contratto nazionale della logistica è stata inserita la figura del rider, eppure il settore continua ad essere una giungla con contratti a cottimo, differenti a seconda dei casi. La Filt Cgil milanese chiede l’apertura immediata di un tavolo di trattativa e che «il legislatore intervenga – sottolinea Luca Stanzione – predisponendo una legge chge stabilisca le regole». Anche la Cisl, che non ha aderito allo sciopero milanese, sta seguendo da vicino il fenomeno, in attesa di inquadrare con più precisione la categoria (commercio/ trasporti). E lo farà nei prossimi giorni.

«Un mio amico ha lavorato con Foodora – racconta Leonardo – so che loro utilizzano algoritmi e geolocalizzazione. Ritira e consegna chi è più veloce e vicino al cliente. Hanno una mole di lavoro incredibile, sono in tanti e se non 'scatti', perdi consegne e rischi di girare a vuoto».

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