venerdì 30 gennaio 2009
Gli iscritti al sindacato Nursind all'interno dell'istituto «La Quiete»: «Non possono obbligarci a farla morire, la nostra professione è legata a un codice deontologico». Il sottosegretario Roccella scrive alla Regione: «Chiarezza sulle prestazioni».
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Tutti, proprio tutti, adesso vogliono chiarezza. Eluana Englaro può o no essere ospitata nella casa di riposo “La Quiete”, del Comune di Udine, per essere accompagna alla morte? E possono intervenire medici esterni, tra l’altro dell’ospedale cittadino, che fa riferimento al servizio sanitario regionale? Ha chiesto spiegazioni, direttamente in Regione, il sottosegretario Eugenia Roccella, precisando che il ministero ha chiesto espressamente all’assessore regionale alla sanità, Vladimir Kosic, di far conoscere la tipologia delle prestazioni e delle terapie che si intendono utilizzare a “La Quiete”. L’assessorato regionale ha già sollecitato l’istituto di Udine a rendere ragione di quanto sta facendo e dei protocolli che intende predisporre. Da ambienti vicini a Kosic, firmatario a suo tempo del manifesto di “Scienza e vita” contro l’eutanasia, si sa che lo stesso assessore avrebbe molti, molti dubbi. Come li hanno altri suoi colleghi di giunta, tanto da aver convinto in dicembre il presidente Renzo Tondo, a non dare nessuna copertura alla clinica “Città di Udine” qualora avesse deciso di non rispettare l’atto di indirizzo di Sacconi. Ed ecco che questa direttiva viene rilanciata dall’Udc regionale, che ieri ha depositato un’interrogazione a risposta immediata (sarà data da Kosic ancora lunedì). Edoardo Sasco ricorda, nell’interrogazione, che l’Azienda pubblica per i servizi alla persona “La Quiete” è in parte struttura di tipo alberghiero-geriatrico e in parte sanitaria convenzionata con il Servizio Sanitario Regionale, per cui anche quest’istituto deve rispettare l’atto di indirizzo di Sacconi con il quale si chiede alle strutture sanitarie pubbliche e private di attenersi ad una serie di principi in esso indicati, escludendo la sospensione della nutrizione e della alimentazione. In base a queste premesse, il capogruppo dell’Udc chiede di sapere se «le strutture e le figure professionali presenti nel nostro territorio regionale che si sono dichiarate disponibili all’accoglienza e alle ulteriori procedure di tipo sanitario nei confronti di Eluana Englaro siano o meno vincolate direttamente o indirettamente al richiamato atto di indirizzo del Ministro della Sanità». Inoltre «se le medesime strutture, soprattutto nell’area non convenzionata con l’Asl, abbiano i requisiti di tipo sanitario per attuare protocolli così complessi e delicati, come quelli che si prospettano per porre fine all’esistenza di Eluana Englaro, per i quali si starebbero perfino eseguendo specifici lavori, dei quali non si comprende la necessità». A margine della interrogazione, Sasco ricorda inoltre che la Carta dei servizi adottata dall’Asp, disciplinando nel dettaglio anche l’esclusività dei sanitari che prestano servizio interno alla struttura geriatria, prevede di «garantire ai propri assistiti prestazioni assistenziali e sanitarie qualificate e non altre fattispecie». Tutti pretendono chiarezza e tra questi gli stessi infermieri. «Abbiamo chiesto sia a 'La Quiete' che al nostro sindacato, al ministero e alla regione, di essere puntualmente tutelati, rispetto a responsabilità che vorranno farci assumere – fa sapere Afrim Caslli, delegato del sindacato Nursind all’interno de 'La Quiete' - . Noi riteniamo, infatti, che non ci possono obbligare a partecipare all’interruzione dei trattamenti di alimentazione artificiale di Eluana Englaro: tra di noi ci sono anche alcuni obiettori di coscienza e la nostra professione è vincolata da un codice deontologico che non ammette interventi finalizzati a provocare la morte». Caslli ricorda, fra l’altro, che è la stessa legge a stabilire che l’infermiere «è l’unico responsabile dell’assistenza infermieristica di un reparto».
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