venerdì 2 dicembre 2016
Gli indecisi, un esercito di 5 milioni che deciderà la sfida
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La caccia agli elettori indecisi, a quarantott’ore dal voto, punta a ribaltare le previsioni e a scatenare l’effetto sorpresa. È la campagna casa per casa, una sorta di duello nel duello, una sfida permanente per non lasciare nulla di intentato. È quella che tecnicamente viene chiamata la caccia all’elettore dell’'ultimo miglio', quella che ha determinato la Brexit e la vittoria a sorpresa di Donald Trump negli Stati Uniti. Tra sondaggi riservati che girano (ma non sono pubblicabili nelle ultime due settimane per le regole imposte dalla legge sulla par condicio) simulazioni sulla partecipazione alle urne, sorpassi e controsorpassi, calcoli probabilistici fatti innanzitutto dalla comunità finanziaria, alcune cose vanno messe in fila (e neppure queste, alla fine, serviranno per restare del tutto al riparo da possibili sorprese nell’urna). Innanzitutto, è necessario ricordare che il 2016 è stato l’anno che ha spazzato via tutti i pronostici, le previsioni, i focus group.

Perché? Perché la soglia di cittadini invisibili ai radar della politica e degli istituti di ricerca è cresciuta e rappresenta una quota di elettori che va molto al di là dell’errore messo in conto dalle statistiche. Attenzione: non è superficialmente tutto il popolo degli indecisi e degli astensionisti, semmai la parte più imprevedibile di questo target. Va dai 3 ai 5 milioni di italiani, il 10% del totale, il 30% di coloro che sono tentati dal non voto. «Molta gente decide che fare nel tragitto da casa al seggio, all’ultimo momento» spiega Carlo Buttaroni, numero uno di Tecné Italia. È un elettorato che sceglierà se andare al seggio solo domenica mattina: sarà cioé protagonista di un voto last minute su cui fa grande affidamento il presidente del Consiglio per vincere la sfida referendaria, visto che in due terzi dei casi si tratterebbe di elettori più propensi a dire 'sì' alla riforma. «Bisognerà capire chi sarà capace di pescare nelle sacche dell’astensionismo e i fatti dell’ultima settimana, dall’accordo sui dipendenti pubblici agli endorsement arrivati da personalità pubbliche italiane ed europee possono pesare, in un senso e nell’altro» osserva Antonio Valente, presidente di Lorien Consulting, società di ricerca del gruppo multinazionale Wpp.

L’altro nodo decisivo sarà quello dell’affluenza, soprattutto nel Mezzogiorno. Molti danno per scontata una partecipazione alta, visto il coinvolgimento dell’opinione pubblica e la personalizzazione del confronto, nolente o volente, portata avanti dal premier negli ultimi mesi. Ma quanto sarà elevata la partecipazione? Intorno al 60%, dunque non troppo distante dalle ultime consultazioni politiche, sono tutti d’accordo: si entrerebbe in terra incognita e qualsiasi calcolo fatto finora potrebbe essere ribaltato. Grande attenzione, infine, viene data all’analisi geografica del voto. «Il Wisconsin d’Italia? Potrebbe essere il Sud, dove negli ultimi giorni la campagna è stata serrata – annota Valente –. L’elettorato non è mai stato così fragile e disorientato. Alla fine peserà lo spostamento di voti nel ceto medio».

Per Buttaroni, invece, «il no resta molto forte in chi è colpito più fortemente dalla crisi e il contesto di riferimento resta quello dello scontro tra popolo ed élite. Le speranze del premier rimangono legate alla capacità di agganciare il sì all’idea di cambiamento e non è un’impresa facile in tempi come questi».

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