«Favorire il più possibile un clima condiviso nella riforma della giustizia». Giorgio Napolitano con il ministro Angelino Alfano non va oltre un doveroso, e non certo inaspettato, monito di carattere generale sul provvedimento «epocale» che oggi arriva in Consiglio dei ministri. Tanto epocale che - trapela dal Colle - sarebbe certo stato preferibile un coinvolgimento preventivo con qualche anticipo, sì da poter entrare nel merito, andando oltre la corretta formalità istituzionale. «La discussione avverrà con tutte le garanzie che la Costituzione offre perché condivisione vi sia, in Parlamento, o anche in seguito, davanti al corpo elettorale, per referendum. Ma è fondamentale - ha auspicato fermo il capo dello Stato - che non si adottino nel frattempo con legge ordinaria provvedimenti che appaiano punitivi per la magistratura. Che non impediscano, già in partenza, quel clima di condivisione necessario». Chiaro il monito: sarebbe auspicabile una sospensione della stretta sulle intercettazioni e del testo sul "processo breve". E altrettanto auspicabili provvedimenti per venire incontro alle ristrettezze della giustizia.«Da Napolitano considerazioni di carattere generale, che ho ascoltato e recepito con la dovuta attenzione», dice al termine dell’incontro, Alfano. Un incontro tenutosi, assicura, «in un clima sereno.», aggiunge. Ma più che un colloquio, in realtà, si è trattato di una lunga e approfondita relazione del Guardasigilli, al capo dello Stato che per più di un’ora si è limitato al ruolo di attento interlocutore. Attento anche a non accreditare l’idea di un avallo, o bocciatura, preventivi al testo o a parti di esso. Testo che, anzi, proprio per questo, non è stato neanche formalmente presentato a Napolitano che non avrebbe gradito, a quel punto. «Quale testo?», sgombra il campo Alfano, precisando che quello vero si avrà solo oggi che la riforma arriva in Consiglio dei ministri, tenendo conto, evidentemente, anche delle raccomandazioni, sia pur generiche, del Quirinale. Al lavoro, perciò, con Alfano, nella notte, i legali del premier guidati Niccolo Ghedini, alle ultime limature al testo.Nell’ultima versione prospettata a Napolitano anche un possibile, fondamentale, correttivo dell’ultim’ora, che restituisca la guida unica al presidente della Repubblica del sia pur sdoppiato Consiglio superiore, mentre si era parlato di un Csm dei magistrati della pubblica accusa guidato da un Procuratore generale della Cassazione. Sulla cui - ipotizzata - nomina politica rischiano però di aprirsi profili di discutibile costituzionalità. Nel successivo incontro, in serata, con i deputati di Iniziativa responsabile, Alfano ha tenuto aperte le due ipotesi. «Sarà il Consiglio dei ministri a pronunciarsi definitivamente sulla presidenza unica o sdoppiata dei due Csm», ha spiegato il Guardasigilli.Assi portanti della riforma restano comunque la parità di accusa e difesa da perseguire con la separazione delle carriere e anche la divisione, al pari del Csm, della Corte di disciplina in due sezioni. Confermata anche la modifica che vuole i magistrati «direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato». Le toghe potranno quindi essere chiamate a rispondere personalmente dei risarcimenti richiesti dal cittadino che potrà citarli in giudizio. Una previsione che comporterebbe un’aggiunta all’articolo 113 della Costituzione (che diventa il 113 bis), in base alla quale «nei casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della libertà personale, la legge regola la responsabilità civile dei magistrati» la quale «si estende allo Stato».