mercoledì 19 ottobre 2022
Dura poco la tregua sancita lunedì nella sede di Fratelli d'Italia. Con una doppia e inattesa sortita, il Cavaliere imbarazza gli alleati
Berlusconi: «Giustizia a Casellati, io amico di Putin». Ira di Meloni

Ansa

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Al mattino, mentre sta entrando alla Camera, a chi gli chiede a che punto sia il lavoro per comporre la squadra di governo, Giorgia Meloni risponde con un sorriso: «A un ottimo punto». Alle tre di pomeriggio, però, quel sorriso svanisce per lasciare il posto a un profondo disappunto, mentre le agenzie rilanciano una salva di dichiarazioni di Silvio Berlusconi. Davanti ai gruppi parlamentari di Forza Italia, infatti, il Cavaliere mette in scena uno dei suoi pirotecnici show. Prima torna alla carica sul nodo più ingarbugliato di questi giorni, reclamando per gli azzurri il dicastero della Giustizia: «Meloni ha suggerito Carlo Nordio, che è bravissimo, ma c’è Elisabetta Casellati e su questo c’è accordo. Io sono convinto che sia la scelta giusta...». Poi, davanti ai suoi deputati, lancia nello stagno il sasso più rumoroso: «I ministri russi hanno detto che siamo già in guerra con loro perché forniamo armi e finanziamenti all’Ucraina. Però sono molto, molto, molto preoccupato – racconta –. Ho riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto, nel senso che per il mio compleanno mi ha mandato venti bottiglie di vodka e una lettera dolcissima. Gli ho risposto con bottiglie di Lambrusco e una lettera altrettanto dolce». Poi l’ammissione: «Sono stato dichiarato da lui il primo dei suoi cinque veri amici».

Dentro Fratelli d’Italia, le esternazioni berlusconiane atterrano come macigni, visto che era convinzione generale che l’intesa fosse stata ritrovata lunedì, con la visita “a Canossa” e il faccia a faccia fra i due leader in via della Scrofa. Invece la tregua pare essere durata, letteralmente, l’espace d’un matin.

Da Forza Italia, si prova subito a minimizzare: «Quella su Putin è una vecchia storia, risalente a molti anni fa». Lo ripetono il coordinatore azzurro Antonio Tajani («Roba del 2008») e lo stesso Cavaliere: «Ho solo raccontato una storiella». Ma ormai la voce è dal sen fuggita, suscitando lo sconcerto degli alleati e una raffica di proteste indignate delle opposizioni. A ricomporre i cocci prova il presidente del Senato Ignazio La Russa. Quelle su Putin, ritiene, sono «frasi in libertà». E per la Casellati ha parole al miele: «La Giustizia era una delle posizioni sub iudice – argomenta –. E lei stessa non ha detto: o quello o niente. Per cui ritengo che le cose si possano sistemare». Interpellata dai cronisti, la presidente uscente di Palazzo Madama prova a trarsi d’impaccio: «Non so nulla di quello che sta succedendo, ciò che i leader decideranno a me sta bene. Non seguo io le trattative, decidono loro. Più di questo non so».

Ma col passar delle ore, nel resto del centrodestra monta l’irritazione per le dichiarazioni del presidente di Fi. A stigmatizzarle nettamente è il leader di Noi moderati, Maurizio Lupi: «La posizione della coalizione è chiara: senza se e senza ma, condanna ciò che fa Putin e sta al fianco del popolo ucraino, con la Nato e gli Usa. Poi ognuno è libero di fare le sue considerazioni personali».

Nella Lega il gelo è palpabile. Di fatto, le “confidenze” sull’amico Putin, in una fase delicatissima del conflitto e mentre il nuovo governo italiano non si è formato, mettono la coalizione in imbarazzo, esponendola a critiche da parte delle cancellerie europee (tanto più se si considera che Forza Italia potrebbe esprimere il titolare della Farnesina).

A confermarlo è lo stesso Berlusconi, che pianta contento le proprie bandierine nel nascente esecutivo: «Ci saranno Tajani ministro degli Esteri e vicepremier – annuncia –, Anna Maria Bernini alla Pa; Gloria Saccani Jotti all’Università; Gilberto Pichetto all’Ambiente e alla Transizione ecologica e Casellati alla Giustizia». Un’altra uscita che lascia la premier in pectore Meloni con l’amaro in bocca.

A cosa serve, è il rammarico di alcuni dentro Fdi, osservare da giorni la “regola del silenzio”, se un alleato la infrange così? Lo stupore per l’evidente sgrammaticatura istituzionale si tramuta in preoccupazione. E c’è chi teme che «ora nulla sia più scontato». La stessa presidente, riferiscono, sarebbe «furiosa». Ma infine sceglie di trasformare la rabbia in ghiaccio e resta per tutto il giorno negli uffici di Montecitorio a lavorare insieme al suo staff. L’intento è quello di salvaguardare la tenuta del centrodestra: così Berlusconi si fa del male da solo, è il ragionamento, noi restiamo concentrati sulle emergenze del Paese. In fondo dopo lo scivolone di ieri, si valuta, il Cavaliere si è messo in un angolo e non avrà più la forza di imporre alcun nome. E, paradossalmente, la via per chiudere sulla rosa di governo potrebbe farsi più agevole. La caselle chiave (anche se Lavoro, Salute e Famiglia non avrebbero ancora un nome definitivo abbinato) sono quasi tutte assegnate. E, benché in attesa del calendario delle consultazioni e di un possibile incarico dal Quirinale, c’è chi ipotizza che il giuramento possa avvenire domenica.

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