sabato 7 dicembre 2019
Chiesto ieri dai pm a chiusura del primo filone dell’indagine. Due archiviazioni
Giudizio immediato per 6 indagati
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Due i filoni d’inchiesta attivati dalla procura della Repubblica di Ancona sulla strage di Corinaldo: una per fare luce sulle responsabilità dirette nella tragedia, l’altra per accertare i profili legati alla sicurezza e alle autorizzazioni del locale. Per quanto riguarda il primo filone, proprio ieri i sostituti procuratori Paolo Gubinelli e Valentina Bavai hanno depositato nell’ufficio del gip la richiesta di giudizio immediato per i sei componenti della 'banda dello spray' arrestati il 2 agosto scorso; tutti residenti in provincia di Modena, di età compresa tra 19 e 22 anni. Le accuse sono omicidio preterintenzionale, associazione per delinquere finalizzata alla commissione di furti con strappo e rapine, lesioni personali e singoli episodi di rapine e furti con strappo. Pochi giorni fa si erano avuti chiari segnali circa la chiusura delle indagini, con l’archiviazione delle posizioni di due ragazzi inizialmente indagati. Il primo minore era stato indagato quasi subito sulla base di una testimonianza come presunto autore del getto spray al peperoncino, ma poi è risultato del tutto estraneo ai fatti.

Dell’esistenza di un secondo indagato invece si è appreso soltanto al momento della richiesta di archiviazione. Oltre ai sei per i quali si potrebbe profilare il processo c’è poi una settima persona, il 'compro oro' ricettatore della banda, che ha patteggiato u- na pena a quasi 5 anni per ricettazione e associazione a delinquere finalizzata a furti e rapine. A lui – secondo la procura – finivano gli oggetti strappati alle vittime nella confusione che si creava dopo lo spruzzo di spray al peperoncino. L’organizzazione aveva già agito in almeno un centinaio di locali del Centro e Nord Italia, sempre con la medesima tecnica. A Corinaldo però è finita in tragedia, con sei morti e circa 200 feriti, fra la folla di ragazzi che aspettavano l’arrivo del rapper Sferaebbasta. Il locale per di più era sovraffollato. Erano stati venduti infatti più biglietti della capienza della discoteca. Le vittime si trovavano tutte vicine alla stessa uscita della Lanterna Azzurra; appena fuori si trovava il ponticello dalle ringhiere precarie e arrugginite che hanno ceduto facendo precipitare decine di persone nel fossato sottostante.

Le autopsie hanno poi consentito di accertare che i decessi sono avvenuti per asfissia, compressione e rottura delle casse toraciche. Le indagini hanno appurato inoltre che lo stabile in realtà era accatastato come magazzino agricolo: di qui il filone d’inchiesta che riguarda le responsabilità sul rilascio dei permessi e sulle misure di sicurezza adottate. La procura ha chiesto nell’ottobre scorso una proroga fino a primavera delle indagini che riguardano, a vari livelli, 17 persone. Si tratta innanzitutto dei 4 proprietari, dei tre soci e dei gestori del locale, ma risultano coinvolti anche un dj, un addetto alla sicurezza e i componenti del Suap, lo Sportello unico delle attività produttive dell’Unione dei Comuni Misa-Nevola.

Tra questi anche il sindaco di Corinaldo, Matteo Principi, che due anni fa aveva firmato l’autorizzazione per l’attività di pubblico spettacolo. I reati contestati a vario titolo vanno dall’omicidio colposo plurimo al disastro colposo, dal falso ideologico all’apertura abusiva di locali pubblici d’intrattenimento. Nei mesi scorsi avevano fatto scalpore anche alcune dichiarazioni intercettate dagli investigatori durante conversazioni telefoniche, dalle quali era emerso un quadro impressionante, di giovani senza scrupoli che avrebbero colpito anche durante la ressa mortale.

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