giovedì 28 gennaio 2010
Al Consiglio d’Europa rinviata in commissione la bozza che vorrebbe aprire la strada anche all’adozione per le coppie omosessuali e prefigurare reati di opinione per chi esprime giudizi in tema.
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L’assemblea del consiglio d’Europa rinvia alla commissione delle questioni giuridiche e dei diritti dell’uomo la bozza di risoluzione sul gender. Il documento, in nome della lotta alla discriminazione contro l’orientamento sessuale e il cosiddetto gender, opera una forte azione di lobbying giuridica, politica e culturale per aprire la strada nel vecchio Continente al matrimonio gay e alla possibilità di adozione per le coppie omosessuali, prefigurando anche una sorta di reato di opinione per chi osi esprimere valutazioni etiche o religiose in merito. Da notare che il Consiglio, diversamente dall’Unione europea, raggruppa ben 47 stati membri, includendo numerosi paesi dell’Est europeo di forti radici cristiane, che si affacciano al confronto con il mondo occidentale dopo la chiusura del comunismo.  Comunque il numero, circa settanta, e la portata degli emendamenti (molti a firma del neopresidente del gruppo del Ppe, Luca Volontè, di Renato Farina, di Lorenzo Cesa e del sammarinese Marco Gatti) induce il relatore, lo svizzero Andreas Gros del gruppo socialista, a chiedere un ulteriore approfondimento in ambito più ristretto prima di riportare nell’assemblea parlamentare di Strasburgo in aprile  la risoluzione. «Registro con soddisfazione - osserva Volontè - che su una risoluzione che tratta una materia così controversa sia stato lo stesso relatore a chiedere il ritorno in commissione, dove si potranno approfondire alcuni aspetti che si prestano ad interpretazioni pericolose per la sovranità dei Paesi membri, per la libertà di espressione, la libertà di professare la propria religione».Nonostante gli emendamenti, il dibattito forse appositamente calendarizzato nel giorno della memoria, sembra dominato dal politicamente corretto. Il gender, termine incompatibile con l’ordinamento giuridico italiano, diventa parola d’ordine per quasi tutti gli intervenuti. L’acronimo Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) la password per essere ammessi nei palazzi del potere europeo. C’è da dire anche che per motivi procedurali, sono rinviati al testo scritto ben deci interventi, tra cui numerosi erano i critici alla bozza di risoluzione. A nome del Ppe, la serba Elvira Kovács pronuncia, invece, un intervento perfettamente allineato con le tesi di Gross, che infatti la ringrazia esplicitamente. La critica invece Farina, rimproverandole di non aver tenuto conto di quanto emerso nella riunione del gruppo prima della seduta e dei principi ispiratori del Partito popolare europeo. Ma l’inglese John Austin del gruppo socialista sostiene che vietare la promozione dell’omosessualità nelle scuole provoca maggior bullismo contro i gay, aumenta l’omofobia ed i reati di odio. Il connazionale Humfrey Malins del gruppo democratico europeo (Edg) si chiede, invece, se un prete che in un’omelia pronuncia un giudizio morale sulla omossessualità sarà considerato colpevole di tali reati. Il lituano Egidijus Vareikis del Ppe chiede attenzione per le famiglia, composta da marito e moglie che hanno figli. Confuta l’idea che la mancanza di una legislazione specifica a favore degli omosessuali comporti qualsiasi discriminazione : «Sono cittadini come gli altri ed hanno gli stessi diritti degli altri». Vareikis ricorda, poi, ai socialisti che le cose non sono così semplici come sembra nella risoluzione, tant’è che un classico della loro cultura, Charles Darwin, sostenne che l’omosessualità pone problemi per la biodiversità. Gross in replica rimprovera a Vareikis che in Lituania c’è una legge che vieta la di fare propaganda omosessuale e bisessuale rivolta ai bambini. Ma nota soddisfatto : «Abbiamo già discusso del rapporto insieme per lungo tempo, lo ricordo: la sua posizione era molto più dura». Applausi scroscianti dalle tribune dell’emiciclo dove assiste il pubblico. Un evento piuttosto irrituale per una delle massime istituzioni europee. Martedì Amnesty, Human Rights Watch e Ilga hanno tenuto una riunione nel Palazzo d’Europa per sostenere la risoluzione.
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