martedì 18 febbraio 2014

​Rare richieste di intervento o di invio di materiali, opuscoli e libelli. Nonostante il "bombardamento" dell'Unar.
SECONDO NOI Omofobia, come volevasi dimostrare

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Stando al bombardamento cui sono sottoposte le scuole e ai tanti soldi (pubblici) spesi per realizzare strategie nazionali, manifesti, libretti e iniziative nei territori (l’ultima, quella dei discussi opuscoli dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali-Unar), sembrerebbe che le tematiche legate al gender e alle persone Lgbt (acronimo che sta per lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) siano in cima alle priorità di studenti, insegnanti, famiglie e presidi. Ascoltando invece la voce di chi la scuola la vive tutti i giorni, l’impressione è che, tra la miriade di questioni che entrano in classe, queste non ci siano quasi per nulla. Insomma, l’offerta è persino esuberante, ma manca quasi del tutto la domanda. Qualche sospetto, per la verità, era sorto leggendo un’intervista al presidente di Arcigay Milano, Marco Mori, in cui si denunciavano le «pochissime richieste» di intervento arrivate dalle scuole. E questo nonostante l’associazione omosessuale si fosse premurata di recuperare i kit gratuiti, preparati dall’Unione Europea, da distribuire agli studenti. Per il solo fatto di averlo segnalato, Avvenire è stato però accusato di avere un «atteggiamento omofobo e razzista» dallo stesso Mori, che tuttavia non ha potuto smentire il pressoché nullo interesse della comunità scolastica per le tematiche che si vorrebbero trattate in classe.La conferma che la situazione è davvero questa arriva dai rappresentanti delle associazioni dei dirigenti, dai quali passano le richieste per le attività extra-curricolari da svolgere con i ragazzi. «In 25 anni di attività – dice Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti e alte professionalità della scuola (Anp) – nessun insegnante, nessuno studente e nessun rappresentate dei genitori mi ha mai sottoposto una richiesta di questo tipo. Anche i colleghi, con cui mi sento quotidianamente, non mi hanno mai rappresentato esigenze di interventi su questi argomenti». Dello stesso tenore è l’esperienza registrata da Gregorio Iannaccone, preside da 32 anni (nelle Marche, a Venezia e ora ad Avellino) e presidente nazionale dell’Associazione dirigenti scolastici (Andis): «Affrontare tematiche legate al gender e alle persone Lgbt – dice – non è certo un’esigenza preponderante delle scuole. Personalmente, non ho mai avuto richieste in questo senso. Ovvio, non è possibile generalizzare. Ma credo che, se qualche scuola ha organizzato iniziative di questo tipo l’abbia fatto per episodi di violenza o di bullismo capitati in quello specifico contesto. Per il resto, dico che questi argomenti rientrano nelle tante iniziative sottoposte all’attenzione dei presidi da parte di enti e associazioni».Iannaccone conferma quindi che la richiesta di interventi, più che provenire dall’interno del mondo della scuola, giunge attraverso richieste dall’esterno. Che, come nel caso di gender ed Lbgt, arrivano a essere anche molto pressanti. «Soprattutto negli ultimi tempi – ricorda Ezio Delfino, presidente dell’associazione dirigenti scolastici Disal e preside di un liceo scientifico statale a Fossano (Torino) – diversi colleghi mi hanno segnalato le richieste di gruppi e associazioni gay. In generale, le scuole sono davvero bombardate da segnalazioni di tutti i tipi e quindi è necessaria, da parte di tutti (famiglie, insegnanti e dirigenti), un’attenzione sempre maggiore». Soprattutto quando in gioco ci sono tematiche come quelle legate alla sfera della sessualità, che non possono essere affrontate in modo così grossolano.
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