venerdì 19 giugno 2020
Per il presidente dell'Unione cristiana imprenditori dirigenti, «c'è un problema di decisione politica. Proponiamo la detassazione degli utili se condivisi»
Il neo presidente dell'Ucid Gian Luca Galletti

Il neo presidente dell'Ucid Gian Luca Galletti - Ansa

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Gian Luca Galletti, presidente dell’Ucid-Unione cristiana imprenditori dirigenti (ed ex ministro dell’Ambiente), ha riportato un’impressione positiva degli Stati generali dell’economia in corso a Villa Pamphili, a Roma.
Qual è la sua sensazione?
Ogni momento di confronto con la parte produttiva del Paese è sempre utile. Tra l’altro è stata la prima volta che l’Ucid è stata invitata a un evento del genere. Il governo è arrivato molto preparato a questo appuntamento. Sta dando molta importanza a questi Stati generali. Le proposte presentate dal premier e dai ministri mi sembrano complete: da un Paese più verde alla digitalizzazione, dallo sviluppo sostenibile alla ricerca. È un programma davvero molto ambizioso, che in larga parte condividiamo.
Il problema sarà come portare avanti il progetto…
In effetti c’è una questione di decisione politica. La pandemia ha solo accelerato una crisi di sistema economico già evidente prima dell’emergenza sanitaria. Lo scollamento e le disuguaglianze tra le parti sociali erano sotto i nostri occhi. Dobbiamo essere diversi da quello che eravamo prima dell’emergenza da coronavirus. Dobbiamo provare a cambiare.
E come?
Non vogliamo un neo statalismo. Su questo siamo d’accordo anche noi con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma nemmeno il neo liberismo può risolvere i problemi dell’Italia. Invece dobbiamo puntare all’economia sociale di mercato. La detassazione degli utili condivisi con dipendenti, territorio e Terzo settore aiuterebbe l’affermazione di una nuova responsabilità di impresa.
Anche l’Unione Europea ci chiede le riforme...
Da più di dieci anni sento dire che il nostro Paese ha bisogno di riforme. Servono proposte concrete. Lo abbiamo sottolineato proprio agli Stati generali.
E quali sono?
Prima di tutto è necessario partire dalla famiglia. Non è solo un’istituzione di affetti, è un organismo economico attivissimo. Basti pensare che il 90% delle imprese italiane è a conduzione familiare. Ben venga quindi il Family Act. Ma purtroppo non vedo ancora quelle misure che favoriscono un nuovo boom demografico. Purtroppo oggi non è più di moda parlare di famiglia. Invece ne abbiamo bisogno. Prima della pandemia non avevamo un’economia resiliente. Poveri, bambini e anziani hanno pagato il prezzo più alto di questa emergenza. Penso soprattutto alle troppe vittime nelle residenze sanitarie assistite: sono il simbolo di una società che ha perso i suoi riferimenti. Eppure la pensione dei nonni è stata spesso di aiuto a figli e nipoti in difficoltà. Una sorta di welfare familiare che ha evitato danni maggiori alla nostra società.
Il capitale umano resta centrale quindi?
È così. La persona deve sempre restare al centro dello sviluppo economico. Le competenze vanno valorizzate e rese tangibili nelle aziende e nel bilancio societario. I dipendenti sono il vero capitale, la vera ricchezza di un’impresa. La formazione continua, l’inclusione e il merito devono essere riconosciuti come valori.

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