domenica 7 maggio 2017
Un imprenditore buono, poi i valdesi: ora il 21enne ha casa e lavoro. Dall’elemosina in strada al contratto a termine in una ditta come magazziniere fino alla possibilità di abitare con 4 coetanei
Dall'elemosina in strada al contratto di lavoro: storia di un'amicizia
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Gabari, nigeriano di 21 anni, riassume bene il paradosso italiano dell’accoglienza. Richiedente asilo ancora in attesa di essere ascoltato dalla commissione che deciderà il suo destino, ha beneficato di una buona accoglienza e ha già un contratto di lavoro. Eppure, poiché per i profughi la protezione umanitaria rimane l’unica possibilità per i documenti, c’è il serio rischio che il giudice dica al ragazzo: «Annulliamo tutto, può restare in Italia solo da irregolare ».

Ma la storia di Gabari rappresenta bene anche un altro aspetto dell’accoglienza all’italiana: accanto a chi istiga alla xenofobia, ci sono tanti – che non sempre fanno notizia – protagonisti di gesti (contagiosi) di solidarietà. Nel caso del ragazzo nigeriano hanno il nome di Daniele e Claudio. «A novembre – racconta il primo – ho conosciuto Gabari davanti al bar dove abitualmente faccio colazione, alle spalle della Stazione Cadorna. Chiedeva l’elemosina, con modi gentili». All’epoca il giovane era ospite di un grande centro di Como, ma tutte le mattine andava a Milano per elemosinare, non avendo occupazioni durante la giornata, né prospettive. «Il caffè delle otto – continua Daniele – era diventato il nostro appuntamento ». Finché un giorno gli chiede: «Non vuoi andare a lavorare?». La risposta è scontata: «Certo», risponde senza esitazione.

Il passo successivo è prendere un caffè con Claudio Gabbai, caro amico di Daniele e amministratore delegato della Forma Italiana spa, che distribuisce prodotti per l’igiene e la casa. «Alla cena di Natale – racconta – ho chiesto a tutti i dipendenti di accogliere il ragazzo, che da gennaio avrebbe iniziato come magazziniere ». All’inizio era tutto nuovo: dalle mansioni al funzionamento della mensa, ma i colleghi non lo hanno mai lasciato solo. «Gabari stesso – sottolinea Gabbai – si è molto impegnato: la nostra azienda è a Lacchiarella e da Como sono necessarie più di due ore. Si è proprio meritato il contratto di lavoro».

A tempo determinato, perché legato alla richiesta d’asilo: anche l’imprenditore sa che se l’esito fosse negativo, perderebbe un dipendente su cui ha investito in formazione. «Speriamo – precisa Gabriele Arosio, operatore della Diaconia Valdese – che la commissione tenga conto del percorso di integrazione ». Da fine marzo Gabari è stato inserito nei progetti della Diaconia Valdese. Sono un modello d’eccellenza perché basati sull’accoglienza diffusa: in quindici appartamenti in diverse zone di Milano e della sua provincia sono ospitati una quarantina di siriani giunti con i corridoi umanitari e quaranta profughi inviati dalla Prefettura. Gabari vive in via Lorenteggio insieme a 4 maliani, tutti impegnati in tirocini e scuole di italiano. Fanno la spesa, si occupano delle pulizie e delle riparazioni quotidiane. Il futuro è cominciato.

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