martedì 2 aprile 2013
Centinaia di persone hanno partecipato al funerale del poeta “in scarp del tennis”. Il ricordo di don Roberto Davanzo: «Ha dato voce ai tanti deboli».
 L'omelia di don Davanzo​
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«Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale... cantavi anni fa caro Enzo. Ebbene ora ci siamo al tuo funerale e siamo in tanti e siamo tutti». Prendendo spunto dalle parole di una delle più celebri canzoni di Enzo Jannacci, don Roberto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, ha iniziato l'omelia per il rito funebre dell'artista scomparso lo scorso venerdì.Ed erano in tanti, tantissimi, a portare oggi l'ultimo saluto a Enzo Jannacci, nella basilica di Sant'Ambrogio. Tanti i volti noti (da Massimo Boldi a Teo Teocoli, da Roberto Vecchioni a Franco Cerri) mescolati a quelli di tanti milanesi cresciuti con le canzoni del poeta “in scarp de tennis”.  Don Roberto Davanzo ha poi ricordato che Jannacci «ha dato voce ai tanti deboli» e ha sottolineato l'importanza espressa anche nella musica del cantante milanese di «prendersi cura anche degli altri».Da direttore della Caritas Roberto Davanzo ha poi ricordato che proprio dalla canzone di Jannacci “El purtava i scarp del tennis” e' stato preso il titolo della rivista dell'associazione. «Proprio questa canzone è diventata la “cifra” di un prendersi a cuore i senzatetto», ha affermato definendo alla fine dell'omelia Jannacci «il profeta, il poeta», del mondo degli emarginati.La basilica di Sant'Ambrogio era gremita questa mattina e centinaia di persone hanno atteso fuori dalla chiesa in silenzio per dare l'ultimo saluto a Jannacci. Seduti in prima fila a sinistra i familiari dell'artista, mentre a destra i rappresentanti delle istituzioni: Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, Giuliano Pisapia, sindaco di Milano. Dietro di loro, si scorgono, in seconda fila, anche Renzo Arbore e Cochi Ponzoni. Tra gli artisti e gli amici presenti al funerale del cantautore Eugenio Finardi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Fabio Fazio, Massimo Boldi e Franco Cerri.Adriano Celentano e la moglie Claudia Mori non sono riusciti ad entrare nella basilica di Sant'Ambrogio, troppo piena. La coppia si è quindi soffermata fuori dalla basilica per alcuni minuti e poi si è allontanata: «Avrei preferito poter assistere alla cerimonia - ha spiegato il Molleggiato - ma c'era troppa gente ed è giusto così».
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